Il commesso di Malamud: tra sofferenza e redenzione

Carissimi lettori del mistero eccoci al nostro consueto appuntamento letterario.

Oggi ci immergiamo nelle profondità della letteratura insolita e misteriosa dove personaggi inusuali danzano con le parole. È qui che incontriamo l’enigmatico Bernard Malamud, autore di un opera che lo avrebbe marchiato a vita: Il commesso, pubblicato nel 1957, qui in Italia è uscito anche con il titolo di Il giovane di bottega. Quest’opera non solo ha gettato le basi della sua carriera letteraria ma ha anche fatto nascere una etichetta che Malamud detestava: scrittore ebreo-americano. Una etichetta che a suo dire lo limitava e lo disgustava profondamente. Il commesso diventa un film nel 1997 anticipato di qualche anno da un altro film sempre ispirato ad una sua opera con il titolo Il migliore (The Natural, 1984 Levinson) tratto da un opera del 1952. Film con un giovanissimo Robert Redford che fu candidato a ben 4 premi Oscar. Ma al di la del successo è la battaglia di Malamud contro le etichette a rendere la sua storia così avvincente. A questo periodo sembra risalire la sua enigmatica frase, spesso citata:

Ogni uomo è un ebreo, anche se non lo sa.

B. Malamud

Ma torniamo al cuore pulsante della nostra discussione Il commesso. Questa non è solo una storia ma una immersione nell’anima del passato americano, un eco delle sue ferite e delle sue speranze. Sebbene vi abbia già accennato al suo successo, la vera forza dell’ opera risiede nelle sue radici più intime: Malamud attinge a piene mani al suo vissuto più intimo, trasformando le difficili esperienze del padre (un bottegaio ebreo russo immigrato, proprio come l’ indimenticabile protagonista Morris Bober) in pura arte narrativa. A differenza delle complesse trame che abbiamo esplorato in precedenza Il commesso incanta con la sua disarmante semplicità, celando una chiarezza che commuove. È un sottile ma potente gioco morale che dispiega i temi universali della sofferenza e delle grazia, invitandoci a riflettere sulla natura umana e sul destino.

Immergiamoci ora nella cruda realtà che attanaglia la famiglia Bober. Morris si aggrappa al suo vecchio negozio, un’attività che arranca ad arrivare a fine mese, un simbolo della loro lotta quotidiana. Al suo fianco, la moglie Ida condivide la stessa fatica e la stessa morsa della povertà. Poi c’è Helen, la figlia, un barlume di speranza, una giovane promettente. Ma il destino, come spesso accade nella vita, si rivela impietoso: Ephraim, il figlio che aveva sacrificato il college per aiutare la famiglia, si spegne prematuramente a causa di una banale infezione alle orecchie. Come ben sa chi ha conosciuto il dolore, le cose possono sempre precipitare. E infatti, la sfortuna non si ferma qui: dei ladri inetti assalgono Morris nella sua bottega, lasciandolo inabile al lavoro. Ma il nostro protagonista, dimostrando una resilienza ammirevole, si rifiuta di arrendersi, lottando con ogni fibra per rimanere a galla. È in questo scenario di disperazione che emerge una figura enigmatica: Frank Alpine. Orfano, di origini italiane e di fede cattolica, Frank si presenta con una proposta quasi assurda: vuole lavorare per Morris gratuitamente, per fare esperienza, o almeno così sostiene. Si accontenta di poco: un po’ di latte, qualche sandwich, un giaciglio sul pavimento della cantina, finché non gli viene offerto un divano e poi, finalmente, un letto. Ma quali sono le vere intenzioni di questo misterioso giovane? E come influenzerà la già precaria esistenza dei Bober?

Man mano che la storia si dipana, una verità sconcertante emerge dalle ombre: Frank Alpine, l’uomo che si accontenta di pochi spiccioli, è in realtà uno dei ladri che in passato avevano assalito Morris. Un colpo di scena che ribalta ogni aspettativa! Eppure, nonostante la sua natura tutt’altro che irreprensibile, Frank ha una strana presa sui clienti, e sorprendentemente gli affari in bottega iniziano a fiorire. Ma il passato non è l’unica ombra sulla sua anima: Frank non è un santo. Occasionalmente ruba l’incasso, falsifica i documenti e intasca denaro. E poi c’è Helen Bober. Frank ne è attratto in modo viscerale, quasi ossessivo: i suoi occhi “addocchiano” le mutandine a fiori e i reggiseni sotto i vestiti, la corteggia in modo sfacciato e, con un’inquietante audacia, la spia mentre si fa la doccia. L’attrazione di Helen, però, è un turbinio di sentimenti contrastanti. Da un lato, il suo cuore spera nel ritorno di Nat Pearl, lo studente di legge con cui ha condiviso la sua verginità. Dall’altro, una curiosità torbida e irresistibile la spinge verso Frank. Cosa succederà in questo pericoloso gioco di attrazione e segreti?

Al centro di questa narrazione, si dipana un groviglio di pregiudizi etnici che affiorano apertamente, creando tensioni palpabili. Frank, il ragazzo cattolico, si dibatte con un latente disagio, sentendosi a volte in colpa per il fatto di lavorare per degli ebrei. Allo stesso modo, Ida non riesce a sentirsi completamente a suo agio con la presenza di Frank in casa, una figura che per lei rappresenta l’estraneità. Eppure, in questo contesto intriso di reciproche diffidenze, la riabilitazione e la redenzione si fanno strada, lentamente, quasi impercettibilmente. Ma c’è un’ombra che incombe su Frank: le sue speranze e ambizioni personali superano di gran lunga le sue reali capacità. È un uomo profondamente ambivalente, un’anima in pena che cerca disperatamente il riscatto nell’oscurità delle sue azioni passate. Il suo è un tentativo disperato di riguadagnare la fiducia delle persone, dopo averle tradite nei modi più abietti. Riuscirà a liberarsi dalle catene del suo passato e a trovare la vera redenzione?

Il percorso di Frank è un intreccio di luci e ombre, un’agonia di contraddizioni che lo rendono indimenticabile. È lui a salvare Helen da una violenza in un parco pubblico, un gesto eroico che purtroppo viene macchiato dalla sua stessa brutalità: Frank le userà violenza, rivelando la sua natura bifronte. Nonostante questo, cerca ostinatamente il perdono di Morris, l’uomo che ha derubato e raggirato per anni. C’è una scena di struggente bellezza che lo vede intento a intagliare, con un semplice coltellino, una tavola di legno, trasformandola in un commovente tributo per Helen. Ma ogni speranza di redenzione sembra svanire quando lei, con un gesto carico di dolore e rifiuto, getta via tutto nella spazzatura. E ancora, a sottolineare la sua battaglia per l’accettazione, le ripetute volte in cui Morris, esasperato, lo caccerà senza mezzi termini dal negozio. Queste sono le sfaccettature di un uomo che lotta per emergere dalla propria oscurità, un passo avanti e due indietro.

Il sipario cala su un finale che è tutt’altro che rassicurante, lasciando il lettore sospeso in un’ambivalenza che brucia. Frank Alpine, l’uomo delle mille contraddizioni, finisce per abbracciare l’eredità di Morris, identificandosi con il suo modello di vuoto, tanto da giungere a convertirsi all’ebraismo. Un epilogo sconcertante, che lo vede assorbire l’identità di colui che aveva tanto raggirato. Nel frattempo, Helen si dibatte in una lotta interiore devastante, cercando disperatamente di auto-convincersi che la violenza subita non sia mai accaduta.Questa non è una conclusione, ma un’ulteriore evoluzione interiore, tipica del genio di Malamud. L’autore stesso, in una prefazione di una vecchia edizione del romanzo, offre una chiave di lettura ecumenica e provocatoria: spera che Frank non si arrenda alla lettura di San Francesco, ma che continui con Isaia. Un invito a non fermarsi a una spiritualità consolatoria, ma a cercare una verità più profonda e, forse, più scomoda, tra le righe di un destino ancora da scrivere. E voi cosa ne pensate di questo viaggio tra redenzione e inganno? Quali sono le domande che questo finale vi lascia? Fatemelo sapere nei commenti, e se l’articolo vi ha incuriosito, lasciate un like!

Alice Tonini

Una replica a “Il commesso di Malamud: tra sofferenza e redenzione”

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    […] come due mondi così distanti si sono trovati uniti nel bisogno di una bussola morale:Il commesso di Malamud: tra sofferenza e redenzione, Gridiamo più forte con Baldwin e gli afro-americani del […]

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Pessimismo e Desiderio in Jude l’Oscuro

Bentrovati lettori del mistero e dell’ignoto, oggi porto alla vostra attenzione un’opera di Thomas Hardy intitolata Jude l’Oscuro. L’autore è molto conosciuto per la sua impronta romantica ma allo stesso tempo realista. Nato in Inghilterra, nel Dorset, da una famiglia di modeste origini si dedicò dapprima all’architettura per poi abbandonarla per la letteratura. La sua vita non presenta eventi degni di un qualche rilievo ma la sua arte letteraria intrisa di valori vittoriani ma anche moderni e novecenteschi ci mostra il contrasto tra la vita ideale che ognuno di noi desidera e la vita squallida che siamo destinati ad avere. In tutto ciò Jude l’Oscuro è la sua ultima opera e raggiunge l’apice del pessimismo.

Desiderio, questa è la singola parola che può riassumere il romanzo di cui parliamo oggi, pubblicato per la prima volta nel 1895.

Jude Fawley, figlio di una famiglia di contadini, è uno strano miscuglio di intelligenza, ambizione e piacevolezza. La sua prima sentita richiesta alla sua famiglia è per poter ricevere una educazione universitaria. Sa benissimo che il primo passo per raggiungere il suo obiettivo è l’apprendimento del latino e del greco. Nonostante la sua famiglia non navighi nell’oro, si impegna a lavorare nella panetteria della prozia e riesce a procurarsi i testi necessari. Il problema successivo è il tempo che impiega per infilare tutta questa conoscenza nella sua mente. Nonostante a volte si comporti in modo puerile si dimostra un multitasker precoce studiando latino mentre lavora al forno.

Nella sua testa adolescenziale fa capolino la religione che rimane per lui solamente una visionaria speranza, qualcosa di approssimativo, vicino ad una nuova Gerusalemme. Ed entra anche Arabella e la consapevolezza sessuale. L’ arrivo di questa figlia di Eva è pesantemente impregnato di simbolismo. Nella prima edizione lei, descritta come attraente, grezza e superficiale, viene caratterizzata come sempre pronta a soddisfare i suoi desideri. Cotanto realismo all’epoca causò oltraggio e non pochi problemi all’autore che nelle edizioni più tarde si trova costretto a moderare le descrizioni dell’artiglieria del protagonista. Inalterata rimane la parte che riguarda la capacità creatrice della donna che spiega a Jude che è “naturale per una donna portare cose vive nel mondo”. Loro sono amanti e quando lei resta incinta Jude la sposa in modo onorabile.

La fine dei suoi sogni? No, visto che per capriccio Arabella scompare di scena presto, e dopo un paio di anni di matrimonio partirà per nuove conquiste in Australia. Jude rinnova la sua appartenenza alla conoscenza trasferendosi a Christminister, dove ha sede l’università ma rimarrà sempre un outsider. Scriverà lettere toccanti per chiedere consigli ma riceverà solo inviti a rimanere in silenzio oppure a “rimanere nella sua stessa sfera sociale.” Aprirà una bottega artigiana e una notte, frustrato, utilizza lo scalpello per inscrivere una frase tratta dal libro del lavoro sul cancello del college “I have understanding as well as you; I am not inferior to you.” Noi ci identifichiamo con lui e non possiamo non simpatizzare con questo blando atto di vandalismo.

Compare nella sua vita Sue Bridehead, cugina attraente e neurotica intellettuale, può essere la donna perfetta per lui? Tu lettore del mistero e io possiamo immaginare la risposta, ma le orecchie di Jude sono sorde al nostro «Non penso proprio». Quando la loro consapevolezza di essere due esseri estranei che vogliono sposarsi li mette davanti ai loro precedenti matrimonio falliti vanno entrambi in crisi. Infatti, come Jude, Sue è stata sposata ma ha lasciato il marito. Durante la relazione con Jude diventa ossessionata dal divorzio e dalle lettere dell’avvocato, che per Jude non significano assolutamente nulla ma le trova solo poco cordiali e spontanee. nulla ma solo che sono più avanti nei tempi in vedere la legalità come uno snuffer out di cordialità e spontaneità. Non si sposano e passano gli anni. Arrivano i bambini, due dalla loro unione e uno spedito da Arabella direttamente dall’ Australia.

Purtroppo un oscuro destino attende questa famiglia proto-bohemiana. Posso dirvi solo che alla fine Jude pronuncierà un sentito elogio funebre, e sembrerà felice.

La risposta dei moralistici vittoriani all’opera fu parecchio dura e Hardy fece giuramento di rinunciare alla novella che aveva scritto dicendo:«Un uomo deve essere uno stupido per rimanere deliberatamente in piedi mentre gli sparano.» A quanto pare ebbe dei ripensamenti…Comunque sia se vi piace il pessimismo di questa storia vorrete leggerne altre dello stesso autore. Un consiglio, potete iniziare con Tess degli d’Urbevilles ugualmente cupo e affascinante. Vi segnalo poi la recente biografia di Hardy scritta da Claire Tomalin: è davvero eccellente.

Anche per oggi vi saluto lettori! Ci rileggiamo presto, nel frattempo vi auguro come al solito una buona lettura.

Alice Tonini

2 risposte a “Pessimismo e Desiderio in Jude l’Oscuro”

  1. Avatar Silvia Lo Giudice

    Ho letto Via dalla pazza folla e ne ho scritto nel mio blog. La tua ottima recensione e il film che Polanski ha tratto da Tess d’Auberville, mi hanno convinta a rimanere al Thomas Hardy solare di Via dalla pazza folla. Buona serata.

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    […] Dickens: l’inghilterra del 1800 con le sue grandi speranze e disperate illusioni, Pessimismo e Desiderio in Jude l’Oscuro, Clyde Griffiths: sogni e delitti in ‘Una tragedia americana’, L’Amore e il Sogno Americano […]

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Cold Mountain: Storia di Guerra e Nostalgia 🐎

La parola Nostalgia viene dall’unione di due parole di origine greca: Nostos che vuole dire ritorno a casa e Algos che significa dolore. Il dolore del ritorno. È una frase che si intona alla perfezione con l’ opera di ci parliamo oggi. Fu il primo romanzo di Charles Frazier, scritto nel 1997 con il titolo Cold Mountain, subito vincitore del premio National Book Award e da cui è stato tratto un film candidato a sette premi oscar. In italiano lo troviamo con il titolo Ritorno a Cold Mountain ed è arrivato da noi nel 1998.

Inman, il protagonista di questa delicata storia, dovrà affrontare un lungo e periglioso viaggio, che per certi versi può ricordarci quello dell’ eroe greco Ulisse, che per poter tornare a casa deve sopportare un dolore profondo e intenso.

Il libro si apre con Inman, un soldato confederato recentemente ferito in battaglia che stanco di una guerra che non gli appartiene esce dalla finestra della sua stanza di ospedale per muovere i primi passi del suo lungo e illegittimo viaggio a casa. Casa si trova a Cold Mountain, nel paese di Black Cove nell’ ovest del North Carolina. Come Ulisse Inman affronterà molte avventure durante il suo difficile viaggio. Ma diversamente da Ulisse Inman ha alle calcagna la Guardia Nazionale Confederata, una organizzazione che dava la caccia ai soldati confederati che disertavano.

Casa per Inman è anche Ada, la sua Penelope, una giovane ragazza che arriva da Charleston, South Carolina e che ora cerca di gestire al meglio che può la fattoria che ha ereditato. Inizialmente arriva per accudire l’amato padre ammalato, ma man mano che la storia prosegue dovrà imparare a sopravvivere in un ambiente ostile. Diversamente dalla regina di Itaca che ha un ruolo minore nella storia e compare solo alla fine, Ada si inserisce nella storia a capitoli alterni, tentando di mantenere la proprietà della casa.

Dal nulla compare Ruby, una donna piena di risorse ma povera che si trasferisce alla fattoria. Insegna ad Ada la sopravvivenza, ripulisce la fattoria e la riporta alla produttività. La saggezza pratica di Ruby verrà ricambiata dall’educazione letteraria che Ada può impartirle e questo consentirà alle due donne di sopravvivere e di stringere un legame indissolubile.

Nonostante sia ambientato nel 1864 questo libro non riguarda solo la storia della guerra civile. È un tributo letterario ad una regione degli Stati Uniti che fu profondamente divisa tra il nord dove si celebrava l’industria e il capitalismo, e il sud dipendente dagli schiavi per la sua esistenza agricola. Più tardi fu il Tennessee a ereditare la posizione del North Carolina.

In una intervista Frazier chiama il suo libro “Elegia di quella vecchia America“; l’autore ci racconta di uno stile di vita oggi svanito, di esistenze rigorose ma indipendenti indissolubilmente legate ai cicli della natura, all’ uccisione degli animali selvatici per la carne e per la pelle, alla cucina fatta in casa, alla raccolta giornaliera delle uova, alla mungitura delle mucche e alla cura dei cavalli. Ricucire i vestiti usurati, lavare le camicie su lavabi in metallo, fare musica con i vicini di casa, raccogliere l’acqua piovana in un barile per lavare i capelli, la frescura della ghiacciaia nei caldi giorni estivi, tutte queste sono immagini evocative e appartenenti ad un altra epoca che l’ autore ci mostra in modo abile e diretto.

Il racconto è una testimonianza della bellezza che possiamo trovare nei gesti quotidiani appartenenti ad altri tempi e delle grandi capacità di Frazier come scrittore. La tragicità del finale rappresenta appieno lo spirito del 1874. Nell’epilogo vediamo Ada che legge il racconto di Ovidio in cui Baucis e Filomene, una coppia di anziani, vengono trasformati in alberi dagli dei. Rimane comunque una gioia amara.

Dicono che la guerra sia una nube sulla terra, ma che tempo fa l’hanno deciso loro e ora se ne stanno sotto la pioggia a dire piove ancora.

Ruby, da Cold Mountain 1998

Se vi piacciono le opere dedicate a questo periodo storico la novella di Robert Morgan: Brave Enemies, del 2001, è ambientata nel conflitto Americano precedente, la rivoluzione americana, su quelle stesse montagne della Carolina. Per altre buone letture riguardo gli spostamenti storici nord/sud negli States leggete Arnow Harriette con la sua The Dollmaker del 1954, che ci racconta di una famiglia capitanata dalla matriarca Gertie Nevels che si trasferisce dal Kentucky rurale alla città di Detroit durante la seconda guerra mondiale.

E per oggi è tutto, arrivederci carissimi lettori dell’ ignoto a presto.

2 risposte a “Cold Mountain: Storia di Guerra e Nostalgia 🐎”

  1. Avatar sillydeliciouslyf76523c1d3
    sillydeliciouslyf76523c1d3

    Molto bello!!!

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  2. Avatar Giganti della Letteratura: Dialoghi tra Sogni ed Illusioni | Alice Tonini

    […] Mentre i gruppi si sciolgono, abbiamo individuato un’ultima, cruciale conversazione. Inman (Cold Mountain), il soldato disertore in cerca della strada per casa, ha trovato la saggezza non in Ulisse, il viaggiatore per antonomasia, ma in un uomo in attesa. Lo abbiamo messo a confronto con Robert MacIver (Regole per vecchi gentiluomini), l’unico uomo reale tra i presenti, un ottuagenario che ha vissuto e ora si confronta con le sue memorie di guerra. L’urgenza della fuga e del ritorno di Inman è stata messa a confronto con la saggezza della sosta e la contemplazione del tempo. Il vero viaggio, ha suggerito MacIver, non è quello verso casa, ma quello verso l’accettazione del passato. Per l’emozionante riepilogo sul tema del Nostos (il ritorno a casa), leggi qui: Cold Mountain: Storia di Guerra e Nostalgia 🐎 […]

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L’Amore e il Sogno Americano nel Grande Gatsby 🍾

Lettori del mistero e dell’ignoto oggi vi presento un opera che parla di feste, di eccessi e di amori e sicuramente ne avrete sentito parlare: Il grande Gatsby di Scott Fitzgerald.

Alla fine del 1920 Fitzgerald diede alla decade 1910-1920 il soprannome di The Jazz Age; egli scrisse un trattato dove definisce quel decennio l’orgia più costosa della storia.

La storia di cui parliamo oggi fu scritta a metà del decennio quando ogni bottiglia di Champagne era fuorilegge (il proibizionismo dura dal 1919 al 1933) e l’autore cattura nell’opera quel senso di eccesso facile e di esibizionismo nascosto che erano diffusi nell’alta società statunitense. Nessuna celebrazione di edonismo, la storia esplora le fortune e le pene di un americano Jay Gatsby, battezzato alla nascita James Gatza proveniente da un famiglia contadina del Midwest.

Attraverso una combinazione di sogni, fortune e personalità mescolata a un pizzico di non comune capacità di prendere per il naso la legge, il nostro protagonista acquisisce una grande casa, una bella macchina e una leggendaria collezione di camice. La trama è semplicemente detta. Il giovane ufficiale dell’ esercito Gatsby si innamora di Daisy Fay, una giovane donna proveniente dalla classe privilegiata. La sua passione è corrisposta ma Daisy, il cui punto di forza non è la pazienza, sposa Tom Buchanan mentre Gatsby attende di potere rientrare in patria dalla grande guerra. Questo Tom non è certo un lavoratore da medaglia al merito, ma la sua fortuna gli permette di poter acquistare praticamente qualsiasi cosa e passa le sue giornate a ricordare i bei vecchi tempi quando era giocatore di football alla Yale. Il nostro Gatsby torna, riesce a farsi una piccola fortuna e pianifica di riunirsi con la sua Daisy. Il piano funziona ma purtroppo per poco tempo.

La trama presenta dei colpi di scena interessanti, ma la nostra attenzione alla storia deve andare più in profondità. L’impressione principale riguarda il paradosso rappresentato da Gatsby stesso: è veramente così grande e importante o vuole solo fare credere di esserlo?

In una singola pagina il narratore descrive Gatsby con due sole frasi: “lui rappresentava ogni cosa per la quale io provavo rabbia”, “lui divenne giusto, alla fine”. Molto del fascino di questo libro sta nel modo in cui Fitzgerald racconta la storia attraverso gli occhi filtranti del narratore Nick Carraway. Nick diventa un agente del destino essendo sia il vicino di Gatsby sia un cugino lontano di Daisy. Nick passa meno di un anno nell’East quando decide di tornare nel Midwest, lo stesso Fitzgerald crebbe a St.Paul nel Minnesota, in quella che lui descrive come la peggior casa della migliore parte della città, un buono sfondo per un uomo che sviluppa un tale senso di distinzione sociale.

Il racconto è marcato dalla pregnanza della ricchezza di Gatsby, denaro, amore, rinnovamento; la vita del personaggio è caratterizzata dall’eccesso. Una frase di un tardo Fitzgerald divenuta famosa dice: non ci sono seconde possibilità nella vita americana. Alla fine di questo romanzo comunque l’america diventa teatro di una seconda possibilità per la cultura europea, un seno tutto nuovo per il nuovo mondo. Fitzgerald una volta terminato il romanzo pensò di chiamarlo Under the Red, White and Blue ed è vero che alcuni vedono Gatsby come l’incarnazione del sogno americano, una rappresentazione di quella terra dell’idealismo profondo e dell’ ottimismo non richiesto che oggi si sta sbriciolando nel nazionalismo ortodosso.

L’ultima frase della novella ci riporta anche anche le parole che furono incise sulla tomba di Fitzgerald: So we beat on, boats against the current, borne back ceaselessly into the past.

E con quest’ultima scena per oggi vi saluto.  Vi auguro buona lettura e alla prossima.

Alice Tonini

2 risposte a “L’Amore e il Sogno Americano nel Grande Gatsby 🍾”

  1. Avatar sillydeliciouslyf76523c1d3
    sillydeliciouslyf76523c1d3

    Buona recensione, come sempre, brava! Possiedo questo libro da un sacco di tempo ma non ho mai avuto il “coraggio” di leggerlo ne di guardare il film. Forse coraggio non è il termine corretto ma è quello che più si avvicina.

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  2. Avatar Giganti della Letteratura: Dialoghi tra Sogni ed Illusioni | Alice Tonini

    […] La risposta, come avrete letto nei post, è arrivata attraverso le figure femminili: Estella, Sue, Sondra e Daisy. Ognuna è stata la musa, il trofeo o la rovina. Uno solo, alla fine, è emerso con un sorriso amaro, dimostrando che l’inganno di sé stessi è a volte la forma di successo più duratura. Chi è stato? Per rivivere la feroce discussione tra sogni infranti e auto-invenzione, clicca qui: Charles Dickens: l’inghilterra del 1800 con le sue grandi speranze e disperate illusioni, Pessimismo e Desiderio in Jude l’Oscuro, Clyde Griffiths: sogni e delitti in ‘Una tragedia americana’, L’Amore e il Sogno Americano nel Grande Gatsby 🍾. […]

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Clyde Griffiths: sogni e delitti in ‘Una tragedia americana’

Lettore dell’ignoto oggi continuiamo i nostri appuntamenti degli inviti alla lettura e stavolta ti parlo del libro di Theodore Dreiser “Una tragedia americana”. Mi scuso profondamente per l’assenza ma purtroppo questo novembre è per me davvero molto impegnativo dal punto di vista lavorativo e visti i tempi che corrono non ho modo di fare altrimenti.

Dreiser se ne andò dalla città di New York qualche giorno prima che il suo libro venisse pubblicato, siamo nel Dicembre 1925, perchè non voleva affrontare le recensioni che secondo le sue previsioni avrebbero dovuto essere terribili. Vi faccio notare solo che qualche settimana prima l’autore Lewis Sinclair si rifiutò di recensire il libro perchè non la trovò di suo gusto.

Un mese più tardi l’autore, che nel frattempo aveva trovato casa a Fort Lauderdale, ricevette la notizia della vendita di diciassettemila copie. Un bel colpaccio e una bella gratificazione. Qualche giorno dopo fece una inusuale annotazione nel suo diario: il venditore di locale di libri e l’assistente alla cassa della First National Bank sono venuti a congratularsi con me riguardo al mio libro.

Più tardi il libro venne bannato dall’ intera città di Boston e molto probabilmente questo favorì il suo successo commerciale. Lo scrittore H.L.Mencken suggerisce ai lettori svogliati (ma sono certa che i lettori dell’ ignoto non lo sono), e a quelli che hanno poco tempo, di saltare la prima delle tre lunghe sezioni del libro, quella che tratta della prima adolescenza del protagonista Clyde Griffiths.

Ha vent’anni quando lo incontriamo, segue sconsolato i suoi genitori che pregano e cantano in chiesa e i trascorre il tempo con i suoi coetanei per le vie di Kansas City. Il giovane Clyde desidera una vita lontano dalla sonnolenta monotonia della sua vita quotidiana e sogna di andarsene. Sua sorella Esta fugge per prima. Tornerà presto, disperata, abbandonata e incinta. Tutti dettagli della storia che prefigurano quano accadrà più tardi al protagonista che però non presta alcuna attenzione allo sfortunato destino della sorella totalmente assorto nella sua continua ricerca di un avvenire brillante e luminoso. Lavorare come fattorino gli procurerà un primo assaggio di una vita diversa da quella vissuta fino a quel momento, ma quando la macchina in cui è passeggero investe e uccide un bambino, è costretto ad abbandonare Kansas Citi. Questo evento ci suggerisce quello che più tardi diverrà evidente come difetto del personaggio: la codardia morale e mentale del protagonista.

La famosa seconda sezione del libro ci racconta delle vicissitudini di Clyde a Lycurgus, New York. Qui ha la possibilità di incontrare un parente che possiede una azienda e il nostro protagonista diventa un supervisore nel dipartimento che stampa collari. Qui si innamora della bella e dolce Roberta Alden. Le regole aziendali impediscono relazioni tra i manager e gli impiegati ma Clyde fa pressioni su Roberta per degli incontri clandestini. Dopo qualche mese di passione proibita, il bell’aspetto di Clyde fa colpo nella luminosa vita sociale di Lycurgus e lui finisce tra le braccia della bellissima Sondra Finchley (Qui viene subito in mente la bella Liz Taylor che ricoprì il ruolo di Sondra nel film del 1951 A Place in the sun; Montgomery Clift e Shelley Winters completarono il cast superbo nel triangolo amoroso nella versione cinematografica della novella dal titolo cambiato).

Gli eventi precipitano inesorabili. Roberta resta incinta. Il nostro protagonista spera inutilmente in un aborto, e Roberta chiede il matrimonio con lettere che farebbero a pezzi il cuore di qualsiasi lettore dell’ ignoto ma lasciano Clyde indifferente. Un articolo di giornale ispira Clyde che decide di ucciderla. L’autore ci dettaglia i cambiamenti di idea dell’ultimo minuto di Clyde ma il destino ride e causa un improvviso e disastroso incidente navale. Roberta affoga e Clyde si infila giacca e cappello per raggiungere Sondra e i suoi amici e trascorrere il week end con loro.

Nella parte tre viene presentato il processo, l’accusa e l’esecuzione del sensibile ma egoista Clyde. Interessanti personaggi minori fanno capolino tra le pagine, ad esempio abbiamo un avvocato egoista e opportunista, un prete sensibile e un compagno di cella intelligente nel braccio della morte, e nell’ultima parte fa la sua apparizione anche la fiera madre di Clyde che lo ama profondamente fino alla fine.

Il mondo creato dall’autore è credibile anche se lo stile di scrittura è improvvisato. L’autore, penultimo di tredici figli nati da madre illetterata, può essere indicato forse come il peggiore scrittore di grandi novelle del mondo. Lo stile è inetto ma quest’uomo ha una personalità forte e interessante che gli ha vinto amicizie importanti. Chi altri al suo funerale può dire di avere avuto una lettura fatta da Charlie Chaplin?

Alice Tonini

Una replica a “Clyde Griffiths: sogni e delitti in ‘Una tragedia americana’”

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