Che cosa cambieresti della società moderna? Se c’è una domanda che mi assilla, notte e giorno, tra le spire di trame oscure e le bozze di incubi letterari, è proprio questa. E mentre la mia mente, spesso un labirinto caotico a causa di un’ADHD con cui danzo ogni giorno, cerca una risposta, emergono scenari che non sempre possono trovare un confine tra le pagine di un romanzo horror o sci-fi.
La verità è che il mistero più grande non è celato tra creature d’ombra o futuri distopici, ma si annida nelle pieghe della nostra realtà quotidiana. I miei romanzi, lo sapete, sono un eco distorto e amplificato delle ingiustizie che vedo, delle voci che non vengono ascoltate. Ho esplorato il disagio giovanile: quella nebbia che avvolge le nuove generazioni; la soffocante morsa delle differenze sociali ed economiche che creano abissi invalicabili, la repressione e l’isolamento che relegano individui in margini invisibili. E non è solo finzione. È un riflesso di ciò che vivo, di ciò che molti di noi vivono.

Essere un “pesce piccolo” nel vasto oceano dell’editoria, un’autrice che naviga con una mente che corre su mille binari contemporaneamente, significa spesso essere confinati in un angolo. È un mondo dove l’investimento è misurato in profitto immediato, non in potenziale, non in originalità, non in voci “diverse”.
Ma immaginate per un istante, cari lettori, un mondo differente.
Immaginate un mondo dove l’inclusività non è una parola vuota, ma un tessuto connettivo che lega ogni individuo. Un mondo dove il valore di ciò che facciamo non è misurato da un unico, rigido metro, ma da una serie di strumenti adatti a ognuno di noi. Perché non siamo tutti uguali, e questa non è una debolezza, ma la nostra più grande forza. Vorrei un mondo dove la diversità non è un ostacolo, ma un coro di voci uniche che risuonano, finalmente, senza timore.
E se potessi riscrivere il presente, dipingerei una gioventù meno prigioniera degli schermi e più libera di costruire vere community. Meno post effimeri e più libri tra le mani, dove le storie prendono vita non in 280 caratteri, ma in pagine dense di significato. Sogno viaggi che non siano solo vetrine di perfezione, ma percorsi di scoperta, di sé stessi e del mondo, lontano dall’ossessione del “vedere ed essere visti”.

Forse è un sogno utopico, un’eco di un mondo che non esiste se non nelle trame che creo. Ma c’è un sottile filo di mistero che unisce questi desideri. Il mistero di cosa potremmo diventare se solo osassimo sfidare le convenzioni, se solo concedessimo spazio all’ignoto che è in ognuno di noi. Se solo permettessimo a ogni voce, anche la più inaspettata, di narrare la propria storia.
Carissimi lettori del mistero e dell’ignoto voi, cosa cambiereste? L’attesa e la speranza che accompagnano in silenzio le risposte a questa domanda, per me, sono il vero inizio di ogni possibile futuro. A presto 😘
Tonini Alice
3 risposte a “Rivoluzionare la Società Moderna: Cosa Cambiare?”
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La prima cosa ce cambierei, sarebbe insegnare alle persone ad usare la loro MENTE. Attualmente, a scuola ci insegnano a ripetere la lezione, ad imparare alcuni concetti amemoria, ma senza insegnarci verametne come utilizzare questi concetti. Sembra che tutto sia demandato: la famiglia si aspetta che certe cose le faccia la scuola o lo sport, la scuola e lo sport si aspettano che le stesse cose le faccia la famiglia…
E nel caos di fretta e vite condotte tra un impegno e l’altro, riflesso di ciò che sono ora i social network, i giovani imparano a trovare ogni risposta negli schermi e nei motori di ricerca e non hanno più lo spattimento di cercarla in sé stessi.
Una volta disse: la mente è come un paracadute, funziona solo se è aperta. Io aggiungo: vedo molti che postano lamentele o insinuano dubbi sull’efficacia dei paracaduti proprio mentre stanno precipitando, invece di fermarsi un secondo e capire che devono tirare una cordicella…"Mi piace"Piace a 1 persona
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Grazie per la riflessione. Sono d’accordo, sarebbe bello poter insegnare alle persone anche il valore del bello e della creatività come esperienze uniche e arricchenti. Magari invece di saltare subito con il paracadute per poi lamentarsi ci si potrebbe sedere a guardare per un po’ il panorama e sentirsi un po’ più liberi.
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Ben scritto ma parlando del “lasciarsi andare” tengo a precisare che non è per nulla facile, che bisogna aver coraggio, ecc. Ma sopratutto fidarsi della propria “parte oscura, ignota” ; parte della quale io ho paura, quasi mi terrorizza, e per questo la tengo sotto controllo e preferisco uniformarmi.
Detto questo voglio precisare che a me i tuoi libri piacciono proprio perché un po’ diversi, non uniformi, alla ricerca di soluzioni diverse, di mondi non scontati……
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