Caro lettore del mistero, per molti, la scrittura è un atto di volontà. Ma per me, è stato diverso. Il mio romanzo ha scelto me. O almeno a me piace pensarla cosi.
Per anni, volevo parlare di ecologia, ma non trovavo il modo. Cercavo il bandolo della matassa, una storia che fosse meno una lezione e più un’esperienza. Ho lottato, ho riscritto intere parti, specialmente il secondo atto, perché i miei personaggi si perdevano. Non riuscivo a guidarli verso la consapevolezza che volevo per loro.
Poi ho visto quel video. Un filmato in bianco e nero, muto. L’ultimo tilacino, solo, abbandonato e lasciato morire di freddo. Ho sentito un brivido. In quel momento, ho capito. Non stavo scrivendo solo una storia di fantascienza, ma un monito, un’occasione per onorare ciò che abbiamo perso. La storia non mi ha più lasciato.
Mi sono immersa nel mondo della Criptozoologia, una materia strana e affascinante che mescola realtà e leggenda. Ho scoperto che bisogna approcciarsi con cautela, perché a volte la verità è più sfumata di quanto pensiamo. Ho capito che il mio romanzo doveva fare lo stesso: doveva unire il reale e il fantastico per esplorare ciò che il nostro mondo è diventato.
E così, la storia ha preso vita. Ha preso per mano i miei personaggi, li ha spinti dove non avrei mai pensato di portarli e li ha messi di fronte a una domanda cruciale: cosa siamo disposti a fare per ciò che abbiamo perso per sempre?
Alice Tonini
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Una replica a “La Criptozoologia nel mio nuovo romanzo: un viaggio tra realtà e leggenda”
Caro lettore del mistero oggi ti presento il protagonista del mio ultimo romanzo: L’eco della specie perduta.
Ogni storia ha un cuore, ma in alcuni cuori si nascondono dei segreti. Incontra Bernard, un biologo marino brillante ma tormentato, che si mangia le unghie per l’ansia e nasconde i suoi pensieri dietro un’impeccabile ambizione. Lui ha intrapreso la carriera nell’OMT non solo per amore della scienza, ma anche per inseguire un’ombra: quella del padre, Paul, misteriosamente scomparso durante una missione.
Bernard non è solo. Al suo fianco ci sono Ivan, un amico fedele ma dal passato tormentato, e Jovana, una giovane giornalista la cui curiosità potrebbe rivelarsi tanto preziosa quanto pericolosa. E poi c’è lui: Yuku, un uomo di Yucca che lo segue da sempre, un legame silenzioso e indissolubile che Bernard non riesce a spiegarsi, quasi fosse una protezione o una prigione.
Ma c’è un’altra figura, un’ombra che vive tra le pagine del romanzo: Max, l’ultimo tilacino, che veglia su tutti loro come un fantasma del passato.
Questi personaggi sono uniti da un viaggio in Siberia, ma quel viaggio nasconde una verità che li riguarda tutti. Che segreti scopriranno? E cosa sono disposti a perdere per riportare a galla la verità su quanto accaduto in passato?
Alice Tonini
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3 risposte a “La verità nascosta: il romanzo di Bernard”
Lettori, siete pronti? Perché ormai ci siamo, il romanzo è pronto.
Questo non è solo un romanzo di fantascienza, sarà un viaggio nel cuore di un uomo e nel destino dell’intera umanità.
Mi ha sempre affascinato il potere della fantascienza, la sua capacità di costruire mondi alternativi per rispondere alle domande più complesse sul nostro futuro. Non volevo solo raccontare una storia, volevo esplorare il confine tra ciò che è tecnologicamente possibile e ciò che è eticamente giusto.
Il mio protagonista, ad esempio, si trova proprio su questo confine. Bernard è un brillante scienziato, desideroso di farsi notare dai suoi superiori, ma è anche un uomo che ama profondamente gli animali e la natura. Questo conflitto interiore è il motore della sua storia. Deve scegliere: l’ambizione e il progresso o il rispetto per la vita e la natura?
Vi assicuro che, tra le pagine, viaggerete in un mondo in cui ogni risposta porta a una nuova domanda e in cui il mistero del passato si intreccia in modo indissolubile con il futuro. Siete pronti a esplorare questo confine con me?
Alice Tonini
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2 risposte a “Esplorare il confine tra scienza ed etica nel mio nuovo romanzo”
Carissimi lettori del mistero e dell’ignoto oggi desidero coinvolgere anche voi nella playlist che ha accompagnato la scrittura del mio nuovo romanzo. Ok, io ascolto i brani su Spotify ma per comodità ho preferito riportare la versione YouTube.
Il primo brano sopra è On the Nature of Daylight che evoca riflessione e malinconia, forse l’emozione che permea ogni pagina.
Poi c’è Ljosid, brano che ho scoperto per caso ma lo trovo delicato e inquietante, perfetto per i momenti di mistero.
Il brano successivo è Riverside che evoca una favola oscura e pericolosa in modo inquietante.
Per ultimo trovo molto adatto Holocene. Brano che parla di solitudine e del rapporto natura -uomo, tema centrale del mio romanzo distopico.
Ora che avete ascoltato il mood del mio nuovo romanzo, avete brani simili da suggerire? Ditemelo nei commenti e a presto.
Alice Tonini
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2 risposte a “Musica che mi ispira durante la scrittura”
Ciao Alice, anch’io quando scrivo ascolto musica. Nella preparazione la mia, poi metto su Chopin o Beethoven, lo so sono compositore classici, ma se ascolti il loro repertorio troverai dei brani che potrai ascoltare anche tu. Di Chopin i notturni e di Beethoven la sonata n 9…
Caro lettore dell’ignoto bentrovato per un altro appuntamento con gli inviti alla lettura, l’ultimo che parla dei viaggi di crescita dei protagonisti.
Nel 1845, Henry David Thoreau si allontanò dal mondo. Ma dove andò, e perché?
Iniziò a costruire una piccola capanna sulle rive di Walden Pond, un lago di proprietà del suo amico e mentore, Ralph Waldo Emerson. Il 4 luglio di quello stesso anno, nel giorno dell’indipendenza, si trasferì lì.
Visse principalmente dei vegetali che coltivava, integrando la sua dieta con un “sacco strano di carne indiana” che ogni tanto riusciva a procurarsi. Lì rimase per poco più di due anni, andandosene nel settembre del 1847 perché, come lui stesso scrisse, “aveva molte altre vite da vivere”.
Il libro che ne nacque, Walden, fu pubblicato solo sette anni dopo, nel 1854.
Il nome di Thoreau è ormai sinonimo di un ritorno alla natura e a una vita solitaria, un’icona per chiunque voglia fuggire dalla società moderna. Ma questa fama nasconde un’immagine incompleta, quasi un mito. Molti credono che durante la sua permanenza a Walden Pond non abbia mai rivolto la parola a un essere umano, vedendo il suo libro come un manuale per eremiti. Ma la verità è molto più intrigante.
In realtà, Thoreau non era affatto un eremita. Sebbene vivesse gran parte del tempo in compagnia di sé stesso, il suo diario rivela un’altra storia. Walden stesso elenca i visitatori che lo raggiungevano, e non erano pochi: a volte ne contava venticinque o trenta alla volta! Non solo, ma andava spesso in paese, ogni giorno o due, per tenersi aggiornato sulle ultime notizie, non solo dai giornali ma anche dai pettegolezzi che raccoglieva conversando con gli altri.
Descriveva questa esperienza come un toccasana in “dosi omeopatiche”, rinfrescante come il fruscio delle foglie o il salto delle rane. Addirittura, nel febbraio del 1847, a mesi di distanza dalla sua partenza, tenne due conferenze sulla sua vita al lago in un liceo. Non era un eremita solitario, ma uno scrittore talentuoso che usava la sua vita e il suo diario come materiale grezzo per un’opera meticolosamente rielaborata per anni. Il critico Michael West ha notato che Thoreau si diverte a giocare con l’idea che il lettore ha di lui, quasi a prendersi gioco del “solitario amante della natura”.
Walden è un libro misterioso che sfida ogni classificazione. È filosofia? Saggistica? Una biografia? Un manuale sulla natura? Mistico? Critica sociale? È tutto questo e nulla di tutto ciò. È un “libro-talismans”, con una forma organica scolpita da Thoreau durante la sua residenza nella natura. Man mano che lo si legge, si diventa consapevoli di una danza di opposti: civilizzazione/natura, passato/futuro, fantasia/esperienza, esseri umani/altri animali.
È un testo che nasconde la sua serietà sotto una superficie spiritosa. Le parti più divertenti del libro nascondono la sua tragica storia familiare, segnata dalla prematura scomparsa per tisi della madre, e quella stessa malattia un giorno lo avrebbe ucciso a soli 45 anni. Alcuni critici, come West, suggeriscono che questo spirito scherzoso sia un tentativo di esorcizzare la morte. Ma, in questo rifiuto della morte, risiede la magia del libro, il suo ottimismo per l’individuo e per la giovane nazione americana.
Il messaggio finale è un incantesimo potente, un atto di fede: “C’è ancora più giorno che deve sorgere. Il sole non è che una stella del mattino.”
Non si tratta solo di citare qualche frase qua e là ma di interiorizzarle, così come si dovrebbe memorizzare l’intero, celebre passaggio del secondo paragrafo della sezione 13, che inizia così: “Sono andato nei boschi perché desideravo vivere con saggezza, affrontare solo i fatti essenziali della vita, e vedere se non potevo imparare ciò che essa aveva da insegnarmi, e non, quando fossi venuto a morire, scoprire di non aver vissuto.”
Carissimi lettori del mistero Walden non è un libro, è un rituale, un’esperienza che ti invita a guardare la tua vita e il tuo posto nel mondo con occhi diversi, proprio come fece lui.
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5 risposte a “Riflessioni su Walden: Un Viaggio di Crescita Personale”
Allora sono onorato di avertelo fatto scoprire: è davvero bellissimo nella sua semplicità. Colgo l’occasione per dirti che mi sono appena iscritto al tuo blog. Grazie a te per la risposta! 🙂
Lo considero come un diario di un’esperienza inconsueta. Ne ho parlato anche io nel mio blog. Mi ha molto colpito non tanto la sua solitudine, che come dici bene tu, non è mai stata completa, quanto i riti (come il bagno nel lago) e le sensazioni legati a una vita dentro la natura. Buona serata
[…] loro indagine esistenziale, clicca qui: Razzismo e identità in L’uomo invisibile 📚, Riflessioni su Walden: Un Viaggio di Crescita Personale, La Montagna Incantata: Viaggio tra Amore […]
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