Successo Autentico: La Magia della Neurodivergenza

Cari lettori del mistero, oggi vi pongo una domanda e vorrei che ci rifletteste tutti: quando pensate a una persona di successo, qual è la prima che vi viene in mente? Che cos’è il successo per voi?

Quando sentiamo la parola “successo”, l’immaginario collettivo evoca spesso yacht, copertine patinate o, nel mondo letterario, pile di libri venduti. Ma per chi è abituato a scandagliare la magia che si nasconde oltre la superficie, la verità è un’altra: il successo autentico, quello che riscalda l’anima, secondo me si verifica solo quando una persona vive una vita pienamente allineata ai propri valori e alle proprie capacità.

È la realizzazione del proprio destino, indipendentemente dal clamore, il perseguire i propri obiettivi nonostante le difficoltà. E se ti dicessi che in questo senso, alcuni dei successi più clamorosi nei generi che amiamo – il fantasy, l’horror e la fantascienza – sono stati raggiunti proprio da quelle menti che il mondo classifica come “disordinate” o “distratte”?

Ottobre è il mese dedicato alla salute mentale, sapete quanto tengo a questa tematica quindi voglio aggiungere una mia personale riflessione parlando di neurodivergenza, in particolare del Disturbo da Deficit di Attenzione/Iperattività (ADHD).🧡🧡🧡

La narrazione convenzionale dipinge l’ADHD come un ostacolo, ma è una prospettiva parziale. Chi come me ha questo tipo di mente spesso possiede una creatività debordante e una capacità di iperfocalizzazione su argomenti di interesse che rasenta il magico. Questo è il vero carburante per i mondi complessi e affascinanti che popolano i nostri scaffali. Quali autori incarnano questo successo, trasformando le loro capacità uniche in narrativa?

L’autore della serie Percy Jackson e gli Dei dell’Olimpo è un esempio lampante. Rick Riordan ha parlato apertamente della sua diagnosi di ADHD e Dislessia, e ha fatto una scelta potente: ha reso il suo protagonista, Percy, un eroe neurodivergente. Per Riordan, il successo non è stato solo vendere milioni di copie, ma il valore che ha dato a innumerevoli ragazzi che, come Percy, si sentono diversi. La sua capacità di trasformare i limiti in poteri divini (i personaggi con ADHD e Dislessia nel suo universo sono spesso Semidei, il cui cervello è “cablato” per il greco antico) è la realizzazione di un valore fondamentale: celebrare l’unicità.

Anche se non possiamo fare diagnosi postume, le biografie del padre dell’horror cosmico, H.P. Lovecraft, descrivono tratti che suggeriscono una profonda neurodivergenza. La sua ossessiva attenzione ai dettagli, l’isolamento sociale e la capacità di costruire una mitologia (la Lovecraftian Lore) complessa e minuziosa sono tutti possibili frutti di una mente in iperfocalizzazione. Il suo successo, forse, è stato quello di incanalare un’intensa e a tratti caotica vita interiore nel genere della weird fiction, dando forma a quelle paure cosmiche che sfuggono alla logica ordinaria.

Neil Gaiman, il visionario creatore di Sandman, è un altro autore la cui brillantezza sembra nascere da una mente che non segue percorsi lineari. La sua capacità di saltare agilmente tra mitologia, folklore urbano, horror e fiaba, creando connessioni che altri non vedono, è l’essenza di un pensiero “non convenzionale”. La sua arte sta nel vedere la magia nascosta sotto la superficie della vita quotidiana, una prospettiva che spesso fiorisce nelle menti che processano il mondo in modo diverso. Il successo di Gaiman risiede nella sua capacità di dare ordine poetico e profondo al caos apparente.

Questi autori ci dimostrano che i veri “difetti” possono essere i punti di forza più grandi. La mente neurodivergente non è meno capace di successo, è semplicemente cablata per eccellere in modo diverso. Il mio messaggio quindi è quello che la diversità ci rende originali, ognuno di noi è diverso ma unico e la nostra missione personale è sviluppare quell’unicità nel migliore dei modi per rendere la nostra vita un successo. Ci riusciremo? Lo scopriremo solo quando tireremo le somme alla fine di tutto. E il tuo successo, in quale magia risiede? In quale capacità fuori dagli schemi hai trovato la tua vera voce?

Alice Tonini

Una replica a “Successo Autentico: La Magia della Neurodivergenza”

  1. Avatar sillydeliciouslyf76523c1d3
    sillydeliciouslyf76523c1d3

    Bello! Bellissimo!!

    Vero! Verissimo!!

    Sono nata troppo presto, queste verità nella mia giovinezza non venivano contemplate, non esistevano, sopratutto nelle classi sociali meno istruite. CIAO!

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La Resilienza: Il Superpotere Nascosto della Crescita

Cari lettori del mistero, la domanda è semplice, ma la risposta è un abisso. Se ti chiedessi, qui e ora, qual è la singola cosa che apprezzi di più della persona che sei, cosa mi risponderesti? Il tuo spirito, la tua intelligenza, la tua lealtà? Tutte risposte valide. Ma c’è un tratto, spesso abusato e ridotto a un hashtag da self-help di moda, che per me racchiude l’essenza stessa della sopravvivenza e della crescita.

Sto parlando della resilienza.

Se fino a qualche anno fa questo termine era sulla bocca di tutti, tatuato sui polsi e stampato sulle tazze motivazionali, la sua vera forza risiede in un mistero ben più antico, nascosto nelle storie che ci raccontiamo. Per chiunque conosca la fatica di ricominciare dopo un inciampo, per chiunque si muova nel mondo con una mente che “funziona diversamente”—come accade per una persona neurodivergente—la resilienza non è una moda. È una tattica di sopravvivenza quotidiana.

La resilienza, nella sua accezione più onesta, è la capacità di rialzarsi dopo essere caduti. Non una, ma infinite volte. Per una mente non conforme agli standard, l’errore non è un’eccezione, ma spesso la regola, il prezzo per aver osato navigare un mondo pensato con istruzioni diverse. Ogni passo falso, ogni misunderstanding sociale, ogni frustrazione o burnout non è la fine, ma un segnale: cambia la strategia, non l’obiettivo.

È il mistero della nostra forza interiore: perché continuiamo a spingerci oltre, anche quando il fallimento sembra l’unica costante? La risposta non è nel DNA, ma nella scelta consapevole di puntare alla crescita personale, al miglioramento continuo.

È qui che la letteratura e il folklore ci offrono specchi in cui riflettere questa nostra tenacia. Pensate ai grandi personaggi delle nostre storie, quelli che abbiamo fatto sedere nel nostro salotto letterario negli scorsi mesi:

* Jude Fawley (Jude l’Oscuro): la sua resilienza era il tentativo disperato e ripetuto di superare i muri di classe per accedere alla conoscenza. Nonostante ogni porta gli venisse sbattuta in faccia, lui continuava a bussare con i libri in mano.

* L’Uomo Invisibile: dopo aver sperimentato il tradimento e l’invisibilità, si ritira. Ma il suo ritiro non è una resa; è un atto di resilienza intellettuale, uno spazio per rielaborare il caos e prepararsi al ritorno, con una nuova consapevolezza.

Ma non sono solo gli eroi di carta a incarnare questa virtù. Nelle leggende locali e nel folklore si nascondono storie di una resilienza più cruda, più terrena: il contadino che ricostruisce il fienile dopo il fulmine; la vedova che coltiva la terra da sola; il santo patrono che, pur decapitato, si rialza e cammina. Queste figure, siano esse letterarie o leggendarie, ci dicono la stessa cosa: la vera forza non è non cadere mai, ma portare le cicatrici e usarle come mappa.

Se il tratto che apprezzo di più di me è la resilienza, non è per vanto. È per gratitudine verso quella parte di me che si rifiuta di accettare la sconfitta come l’ultima parola. Per tutti coloro che, come me, affrontano il mondo con un sistema operativo interno un po’ “fuori standard,” la resilienza è il nostro superpotere segreto. È la nostra capacità di debugging emotivo e cognitivo.

E tu? Qual è il tratto che ti permette di rialzarti, di continuare a crescere e di superare l’ultimo ostacolo? C’è una leggenda o un personaggio letterario che incarna la tua forza interiore? Fermati un attimo. Non pensarci troppo. La risposta onesta è spesso la più misteriosa e potente.

Alice Tonini

4 risposte a “La Resilienza: Il Superpotere Nascosto della Crescita”

  1. Avatar sillydeliciouslyf76523c1d3
    sillydeliciouslyf76523c1d3

    Più che la resilienza (parola molto bella) ad aiutare me è l’indifferenza (parola bruttissima). Il non credere più, il non aver bisogno, ecc. I miei personaggi di supporto (vecchi più di me, “piccole donne” per intenderci) sono svaniti nel tempo e con loro la mia resilienza.

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    1. Avatar BluesMartyEmotional
      BluesMartyEmotional

      Hai scritto un cosa tristissima…mi dispiace tanto che la tua esperienza di vita ti abbia portato a dover chiudere la tua anima in cassaforte.

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      1. Avatar Alice Tonini

        Grazie mille, mi piace pensare che nonostante la vita a volte sia difficile si può sempre trovare la forza di andare avanti ❤

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  2. Avatar BluesMartyEmotional
    BluesMartyEmotional

    Non so se sia un potere o sia follia. Ma le emozioni per me sono energia. Belle o brutte non importa, finché sento so che sono viva, notte e giorno si alternano ed è giusto così, perché ad ogni tramonto segue un’alba e ad ogni notte il giorno.

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Biografie poco conosciute di grandi personaggi storici

Un saluto a te lettore dell’ignoto. Oggi ti parlo di biografie di personaggi che hanno fatto la storia ma che in Italia conoscono in pochi, ti va di sfogliarne qualcuna con me?

In questo periodo storico, con le elezioni presidenziali americane alle porte e il movimento Black Lives Matter che ancora chiede giustizia e uguaglianza tra bianchi e neri, il pensiero di personaggi storici come Abramo Lincoln o George Washington è più che mai attuale. In più, diverse delle opere che ti propongo, hanno vinto prestigiosi premi letterari come il premio Pulitzer, un motivo in più per darci un’occhiata.

Sono certa che a un certo punto mi farai notare che alcuni libri oggi si possono trovare solo in inglese e che sono vecchi, giusta osservazione, se non mastichi l’inglese io posso consigliarti di approfondire il personaggio con un’opera di un altro autore. Alcuni dei personaggi di cui ti parlo sono talmente famosi che esistono decine di biografie in tutte le lingue e poi ricordati che ci sono i mercatini dell’usato e le biblioteche dove si trovano spesso volumi che sul mercato sono a volte difficili da reperire. Ma torniamo a noi.

Il padre della biografia moderna è ritenuto James Boswell che è presente nel mercato librario sin dal diciottesimo secolo con la sua biografia di Samuel Johnson che fu pubblicata nel 1791, solo due anni prima della pubblicazione in inglese del più vecchio tra i libri che vi propongo. Ho selezionato una decina di opere che ci parlano di personaggi le cui storie e il cui pensiero hanno fatto la storia della letteratura e della politica, vediamo quali:

1. Iniziamo il nostro viaggio con l’autobiografia di Benjamin Franklin. Di sicuro sai di chi parlo. Fu presidente degli States e fu uomo della strada, intelligente e arguto, in grado di comprendere le debolezze e i punti di forza del suo tempo per costruire una nazione.

2. Il viaggio continua con l’autobiografia di Frederick Douglas pubblicata nel 1845 e che ti racconta delle comunità afro americane e di come uomini virtuosi e forti erano tenuti in catene come animali.

Ognuna di queste due autobiografie ci mostra l’intrigante storia della ascesa del proprio autore. Sono uomini di quelli che si sono fatti da sè approfittando di ogni occasione ma con delle differenze sostanziali notevoli: Franklin fu uomo bianco che potè sfruttare la sua intelligenza e il suo lavoro etico fin da subito nella sua vita, Douglas non potè fare alcun utilizzo del suo grande potenziale come uomo finchè non fuggì dalla schiavitù. Uomini simili ma con percorsi di vita diversi.

3 Cotton Mather, l’uomo che influenzò le politiche di Benjamin Franklin. La sua vita è narrata in una superba biografia di Kenneth Silverman: La vita e i tempi di Cotton Mather, che vinse il premio Pulitzer per la biografia e il Bancroft Prize. L’autore toglie dalla figura di Mather il velo dello stereotipo e rivela di lui un lato umano unico e affascinante raccontando anche del processo di Salem.

Le prossime tre biografie riguardano uomini affascinanti, ognuno di loro lascerà un segno indelebile nel ventesimo secolo: W.E.B Du Bois, Lyndon Baines Johnson ed Elvis Aron Presley.

4 David Levering Lewis, il biografo di Du Bois ci riporta una analisi fluida e leggibile delle condizioni in cui vivevano gli afro americani e della vita straordinaria di un uomo che visse fino a novantacinque anni (1868 – 1963). Il sottotitolo del suo primo volume Biografia di una Razza rende chiaro il fatto che la vita di Du Bois riflette e aiuta a formare un opinione riguardo le condizioni di vita del protagonista e dei suoi pari.

5 Robert Caro si è occupato della controversa figura di Lyndon Baines Johnson, presidente degli Stati Uniti. I libri che compongono questa biografia sono quattro ma il più interessante è certamente il primo che traccia la strada che ha portato LBJ al potere.

6 Elvis Presley: The King. Non un uomo di politica, regnò in un mondo completamente differente da quello di Du Bois e di LBJ ma la biografia di Guralnick non è meno seria delle precedenti ed è scritta molto bene. L’ultimo treno per Memphis con i suoi due volumi ci racconta la vita del re senza ammantarlo della solita aura mitica e senza condannarlo per le sue mancanze.

Tre dei libri che vi propongo qui sotto sono gruppi di biografie, ci raccontano la storia di persone diverse che hanno condiviso tempi e stili di vita.

7 Gli eminenti vittoriani, di Lytton Strachey del 1918, ci introducono nell’Inghilterra vittoriana con il racconto delle loro vite. Ovviamente la nostra reazione dovrà essere di sdegno per cotanta intraprendenza.🧐

8 C’è poi l’intrigante opera Il cinque di cuori di Patricia o’Toole sul circolo di amicizie di Henry Adams, pubblicato nel 1991. Ci racconta la vita, e la morte, di cinque personaggi famosi puntando i riflettori sulla loro amicizia.

9 Le talentuose sorelle Peabody ci vengono raccontate dalla penna di Marshall nel suo libro Le sorelle Peabody pubblicato nel 2005.

10 Per ultimo vi consiglio Il pappagallo di Flaubert di Julian Barnes. Si tratta di un ritratto unico e se mi credi ha molto da insegnarti su Flaubert e su come si scrive una buona biografia moderna.

La lista sarebbe ancora lunga, di buone biografie la fuori è pieno, ma credo che per ora possa bastare.

Caro lettore dell’ignoto ti auguro una buona lettura e alla prossima. 👋🥰

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Gridiamo più forte con Baldwin e gli afro-americani del secolo scorso

Bentornato, oggi torna la rubrica degli inviti alla lettura con la prima opera del nuovo genere che vi propongo.

 

 

 

Abbandoniamo il genere biografico e le autobiografie più famose e vendute al mondo per approcciare dei romanzi che ci portano in viaggio, più precisamente nei prossimi mesi parleremo di libri i cui protagonisti affrontano un viaggio di formazione per crescere sia all’interno che all’esterno e noi impareremo tramite il loro viaggio dell’ eroe.

Iniziamo da un’opera semi-autobiografica. Il titolo in italiano è Gridalo forte ma il titolo originale è Go Tell It on the Mountain che deriva da una canzone del genere “Negro Spiritual” o spiritualista negra (assolutamente intesa in modo spergiativo) perchè risale alle canzoni che gli schiavi cantavano nelle piantagioni di cotone per darsi forza e coraggio durante le massacranti ore che trascorrevano sotto il sole. Il ritornello dice “Go tell it on the mountain that Jesus Christ is born“. 

 

 

E’ un titolo molto evocativo per un libro. Il primo che Baldwin considerò fu In My Father’s House che allude a versi biblici “In my Father’s House are many Mansions “, una sola frase che cattura i conflitti principali dell’intera opera: la relazione turbolenta del protagonista con entrambi i padri sia quello naturale che quello celeste. Un conflitto religioso e di identità che accompagnano il protagonista per tutto l’arco narrativo.

Alcuni ipotizzano che Baldwin scelse il titolo Go Tell it on the Mountain in onore dell’improbabile villaggio Loeche les Bains sulle alpi svizzere dove scrisse la maggior parte del romanzo. In questo paesaggio di alabastro (frase di Baldwin) lui fu il primo nero in assoluto ad essere visto da molti dei residenti locali e rimase tappato in casa con la sua macchina da scrivere per mesi. Compose la storia di tre generazioni di afro americani nell’Harlem del 1935 e nei primi anni del ventesimo secolo nel sud degli Stati Uniti. Lucien Happersburger, suo amico e amante la cui famiglia possedeva una casa nel piccolo paese, persuase Baldwin ad essere accompagnato solo dalla sua Remington e le sue registrazioni della cantante Bessie Smith. Proprio come Edith Wharton sedette in rue de Rivoli a Parigi per scrivere di villaggi ricoperti dalla neve in Ethan Frome, così qui Baldwin utilizzò la distanza geografica per catalizzare e invocare la brillantezza semantica.

 

 

Come già vi ho anticipato si tratta di un opera parzialmente autobiografica, il passato dell’autore fu quindi un elemento nattativo fondamentale. Come Baldwin stesso, il personaggio principale John Grimes affronta il senso di alienazione dalla sua famiglia, la sua distanza dalla comunità religiosa ( la chiese pentecostale) e dalle aspettative familiari. La prima riga del libro porta subito conflitto: “Tutti hanno sempre detto che John sarebbe stato un prete una volta cresciuto, proprio come suo padre”. 

La struttura del romanzo rende gli sforzi di John con il suo senso di differenza e i suoi problemi con la questione della salvezza religiosa l’alpha e l’omega del libro (Baldwin tratta in modo innovativo i passi che portano alla conversione ispirandosi a Sant’Agostino e a Jonathan Edwards). Tra questi due conflitti c’è una sezione di tre parti incredibile chiamata Le preghiere dei santi dove il lettore entra nei pensieri e nelle memorie della zia apostata di John, del suo odioso padre e della sua sensibile madre le cui memorie di Richard, il suo primo tragico amore, sono per me la parte più emozionante del libro.

Preparatevi a questo romanzo con la lettura della raccolta di saggi Notes of a Native Son, dove ritroverete gli stessi temi trattati in modo più diretto. Qualsiasi cosa Baldwin abbia provato come adulto riguardo la sua discendenza e la sua gioventù, raggiunge tono e cadenza paragonabili alla traduzione della bibbia di re James. La dura vita in campagna e il bellissimo linguaggio da cittadino, sono due aspetti del romanzo che si completano l’un l’altro in modo magnifico. Troverete piacevole anche la descrizione di Langston Hughes che racconta storiacce di basso livello con una borsa di velluto.

E anche per questo invito alla lettura è tutto. 

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Mather Cotton e i processi di Salem: da pilastro della letteratura a testimone ingombrante?

 Oggi vi parlo della biografia scritta da Kenneth Silverman nel 1989 dedicata ad uno degli uomini il cui nome è associato direttamente al processo (o processi) di Salem. Il libro si intitola The life and Times of Cotton Mather, in italiano diventa La vita e il tempo di Cotton Mather. Non lasciatevi trarre in inganno dal titolo semplice perché si tratta di un volume che oggi si trova sul mercato a prezzi esorbitanti; è raro, ricercato e pregiato.

“Un contadino entrato nella storia” e “un gargoyle nazionale”, queste sono due delle pungenti frasi che Silverman riserva all’immagine di Mather Cotton da lui ritratta. Il personaggio protagonista del libro che abbiamo scelto per l’invito alla lettura di oggi (il penultimo dedicato alle biografie e autobiografie) è figura molto controversa della storia americana. 

Edizione in vendita su Etsy alla modica cifra di 110 euro. 

E’ vero che finchè a parlare sono i suoi seguaci che fanno parte del gruppo “Mather Cotton” di Austin in Texas gli sguardi minacciosi e le critiche arrivano come pioggia. Ma si tratta di quello che viene considerato all’unanimità il pilastro della letteratura americana post guerra d’indipendenza. Uno uomo di chiesa, misogino e conservatore, un letterato potente senza eguali che si laurea ad Harvard a sedici anni e pubblica un numero impressionante di libri. La biografia mette in risalto le luci e le ombre di un personaggio discusso e discutibile cui si danno e tolgono responsabilità senza trovare un punto d’incontro e il cui comportamento contradditorio non aiuta a chiarire le sue posizioni.

Se conoscete solo gli stereotipi o gli eccessi di Mather, magari visti in qualche film o letti in qualche romanzo, questo libro vi farà cambiare idea. Non darà a voi lettori una figura demoniaca da odiare né vi racconterà di lui come di un santo circondato da un aura mistica, ma si tratta di una biografia di vita reale che racconta del vissuto di un essere umano complesso della fine del 1600. Puritano, pastore protestante, teologo di professione e medico, Mather era profondamente interessato ai telescopi e ai microscopi; per il suo impegno a favore della vaccinazione contro il vaiolo divenne l’obiettivo di un tentativo di omicidio. 

Questo fu il padre di Cotton Mather, 

Increase Mather. In alcuni film lo hanno fatto diventare un cacciatore di streghe in realtà fu un eccellente studioso e insegnante che iniziò la sua educazione ad Harvard a soli dodici anni.

Come teologo Mather aveva una posizione religiosa che possiamo definire “tollerante” per l’epoca storica, in opposizione a quella di Silverman, l’autore odierno, che invece è vicino a quelle di Thomas Jefferson  che fu laico e liberale. Nonostante questa documentata tolleranza viene indicato come una delle figure chiave dei processi alle streghe di Salem di cui ci da testimonianza scritta (ma credo sia materiale per un post a parte).

Silverman lo chiama “la prima figura americana non mistificabile nella storia della nazione”. Se l’energia è una qualità americana, Mather ne aveva da vendere. Nei suoi 65 anni di vita terrena, scrisse circa 400 opere e tenne un voluminoso diario per più di 30 anni, corrispose copiosamente con molti personaggi della sua epoca e il tutto mentre era ministro della fede alla Boston’s Old North Church dove componeva lunghi sermoni e preghiere (una delle ultime che compose durava un’ora). Trovò tempo per impegnarsi in opere di beneficenza come persuadere un membro della chiesa inglese a elargire donazioni per fondare una “accademia per educare i dissidenti americani” ora meglio conosciuta come l’Università di Yale in onore di quel donatore: Elihu Yale.

Nella vita privata si sposò tre volte e se qualcosa può rendere questa figura più umana è il racconto del suo terzo matrimonio con la burrascosa (o forse psicopatica) Lydia Lee George, una vedova ricca e in salute. Una volta lo abbandonò nel mezzo della notte in quello che lui chiamò “un orrido attacco di rabbia” e non tornò per più di una settimana, si fece rivedere solamente dopo che Mather ebbe notizie della morte di uno dei suoi figli a causa di un incidente navale (dei suoi 15 figli solo sue gli sopravvissero).

Ma riguardo al processo delle streghe di Salem? L’immagine negativa di Mather iscrive il suo nome in modo indelebile in questi capitoli oscuri della storia coloniale americana. Di certo non fu lui a prelevare le vittime da casa e a mettere loro il cappio al collo. I fatti sono molto più complessi, non partecipò a nessuno dei processi ma ne fu testimone in prima persona e i suoi sentimenti a riguardo furono “ambivalenti”. Il suo libro Wonders of the invisible World, tradotto in italiano con il titolo Le meraviglie del mondo invisibile è una condanna pubblica alle sue discutibili posizioni. Cotton Mather era fermamente convinto dell’esistenza degli esseri spettrali, sia maligni che benigni. Nel 1693 arrivò a registrare nel suo diario la visita nel suo studio di un angelo splendente che indossava tra i capelli una tiara d’oro. –Qui se masticate l’inglese potete trovare il link a un interessante articolo su di lui del Salem’s Museum-. 

Silverman libera il nostro Mather dalla casa degli orrori con la rappresentazione della sua infanzia. Non solo suo padre fu un brillante e stimato ministro, ma lo furono anche entrambi i suoi nipoti. Se quelli con un ricco heritages devono soddisfare grandi aspettative, Mather entrò nel mondo con un peso notevole di aspettative sulle sue spalle. Non sorprendetevi di apprendere che il giovane Cotton nato per incantare le folle per ore con i suoi sermoni soffriva di balbuzie. (Silverman usa le difficoltà di Mather come un modo per metaforizzare la sua prospettiva spesso contraddittoria, che lui chiama “Mathrese”).

Nel libro Cotton non viene condannato ma non viene neppure salvato, la sua figura resta realistica e controversa. 

Altrove Silverman descrive una biografia come “una somiglianza”, “uno sketch poliziesco composto da più elementi”. 

Voi lettori dovete giudicare questa biografia come qualcosa di vicino alle opere di John Singleton Copley, pittore dell’epoca coloniale famoso per i suoi ritratti di personaggi famosi composti anche con oggetti di uso quotidiano. Thomas Carlyle descrisse una biografia ben scritta come “quasi rara come una vita ben vissuta” e se voi lettori siete in disaccordo riguardo i meriti della vita di Mather, non avrete dubbi riguardo questa ottima biografia.

Curiosità: questo è Mysterious Dave Mother, un pericoloso pistolero fuorilegge del West nel 1800. Si tratta di un bis-nipote del nostro Mather Cotton che non ne andrebbe fiero. 

E per oggi è tutto, come sempre vi invito a leggere (anche questo blog va bene…😉) per arricchire la vostra vita. Buona lettura e alla prossima. 

Alice Tonini