Lettore del mistero e dell’ignoto bentrovato. Oggi con questo articolo ti porto il nostro solito, inusuale, invito alla lettura dove ti consiglio libri famosi ma solitamente poco conosciuti o dai risvolti curiosi.
Oggi ti parlo de “L’uomo invisibile” di Ralph Ellison, da non confondere con l’opera del 1897 con un titolo simile “L’uomo invisibile” scritto da H.G.Wells dove il personaggio Griffin diventa letteralmente invisibile. Storia interessante ma oggi non è questo il tema.

Il protagonista dell’affascinante racconto che ti presento oggi diventa invisibile in senso metaforico, diventa anonimo. Anche quando ad un certo punto il protagonista si darà un nome il lettore sarà portato ad ignorarlo e non se ne accorgerà nemmeno. Per comodità quindi chiameremo il protagonista solo Narratore. Il protagonista, come il suo creatore, è un afro-americano. La storia mentre si indirizza verso le problematiche del pregiudizio e dell’identità razziale trascende i limiti della categorizzazione per diventare una storia sulle difficoltà a diventare un individuo. Non ci sorprende che Ralph Waldo Ellison, nato in Oklaoma, prese il nome dal filosofo Ralph Waldo Emerson, probabilmente aveva bisogno di un po’ di fiducia in sé stesso nel trattare uno dei temi più importanti di Emerson che lo ha fatto entrare nella storia della filosofia.
La struttura della novella è ciclica. Si apre con il Narratore in un nascondiglio segreto ad Harlem (chiaramente un riferimento all’eroe di Dostoyevsky senza nome di Note dal sottosuolo non può essere evitato, egli venne rifiutato dalla società nei limiti del razionalismo e arrivò a chiamare sè stesso spiacevole e malvagio.) La caverna del nostro Narratore, che è di natura buona, ha un chiusino all’imboccatura e più di mille lampadine fissate al soffitto che illuminano l’ambiente. Non è sepolto li dentro e ci rassicura che nella stagione appropriata farà la sua comparsa in superficie. Si tratta di un letargo, come quello di certi animali orsini che abitano le caverne in inverno. Il Narratore vede se stesso come ibernato. Mentre si ripromette di uscire e ascolta le registrazioni di Louis Armstrong, canzoni come What Did I Do to be so Black and Blue e riflette sulla catena degli eventi che lo hanno portato fino a li.
Il viaggio del Narratore va da sud a nord, dall’innocenza all’ esperienza. Dalla fiducia nelle immagini, negli esempi e nelle assunzioni degli altri a una visione chiara di quelli che sono i suoi bisogni. Spolverate tra i dettagli della trama queste differenti fasi della vita del Narratore ci danno un senso di surreale, uno humor nero guidato da una consapevolezza selvaggia che da vita a momenti parodistici. I tentativi del protagonista di compiacere gli amministratori bianchi in visita al college, il corrotto presidente nero della scuola che ha fame solo di potere, gli amministratori del nord presso i quali il Narratore cerca lavoro, i suoi impiegati presso la compagnia Liberty Pain, gli uomini bianchi della Fratellanza che vogliono sfruttare la sua pelle nera e le sue capacità oratorie scoraggiandolo a pensare in modo autonomo. Lui si rifiuta anche di cadere sotto l’incantesimo di Ras il distruttore, un nazionalista nero violento che attraversa Harlem a dorso di cavallo vestito da guerriero etiope.
Se non vi sentite pronti per il libro intero che conta circa 440 pagine, leggete il capitolo uno, stampato separatamente nel 1947 sul giornale Horizon per introdurvi al potere di Ellison con le parole. O scegliete le vignette serie, ma anche comiche, nel capitolo tredici dove il Narratore liberato dalla propria immagine di studente del college viene colto nell’atto impulsivo di mangiare una patata dolce comprata dal carretto per le vie di Harlem. In quel momento è libero di fare al venditore una dichiarazione esistenziale che permea tutta l’opera: I am what I am.
Il tema dell’opera è quanto mai attuale. Siamo immersi in una cultura consumistica che ci promette ogni giorno di toglierci dall’anonimato grazie ai nostri acquisti, grazie ai nostri post sui social, grazie ai like che collezioniamo sotto alle nostre fotografie. La nostra identità viene fondata sui beni materiali e sull’apparire ma purtroppo con il tempo ci accorgiamo che il prezzo da pagare è alto, soprattutto in termini di salute mentale, quindi mi chiedo e vi chiedo: siete disposti a perdere voi stessi pur di aderire a una identità decisa da altri fatta di beni materiali e apparenza o forse è meglio l’anonimato?
Cari lettori dell’ ignoto queste sono le riflessioni che il nostro Narratore mi ha ispirato e spero che le ispirerà anche a voi. Vi auguro una buona lettura e ci risentiamo presto.
Alice Tonini
2 risposte a “Razzismo e identità in L’uomo invisibile 📚”
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Bella! Bella presentazione di un libro importante, singolare e non semplice. Libro che personalmente non leggerò mai ma che spero i tuoi lettori leggano e commentino, mi piacerebbe sapere il loro parere. Ciao, alla prossima!
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[…] surreale tensione. Per leggere il resoconto completo della loro indagine esistenziale, clicca qui: Razzismo e identità in L’uomo invisibile 📚, Riflessioni su Walden: Un Viaggio di Crescita Personale, La Montagna Incantata: Viaggio tra […]
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