Terminata la
selezione di classici, per quanto riguarda gli inviti alla
lettura ho deciso di dedicarli ad un genere particolarmente
controverso: la biografa, le impronte lasciate nella sabbia del tempo
da chi ci ha preceduto.
Le
biografie/autobiografie raccontano la storia di un personaggio
realmente esistito, più o meno famoso. Quelle che ho scelto di
presentarvi sono tra le più conosciute e apprezzate, in alcuni casi si tratta di
libri da cui sono stati tratti anche dei film. Sono consapevole che
non a tutti piace leggerle, ma personalmente credo che approfondire
la vita di un personaggio famoso possa essere fonte di ispirazione e
di motivazione per molti.
Partiamo con un
opera di Julian Barnes intitolata Il pappagallo di Flaubert, uscita
nel 1984, fu considerata nella selezione finale per il Booker Prize
dello stesso anno.
Questo romanzo si
inserisce nelle fila delle biografie non letterarie perché fa luce
non solo su come debba essere scritta una biografia ma anche sul
soggetto di cui ci racconta, il romanziere francese del
diciannovesimo secolo Gustave Flaubert.
Barnes stesso
descrive il suo lavoro fine con polisillabi faceti, sostiene che si tratta di “una infrastruttura immaginaria che sostiene una
sovrastruttura frattale.” Tralasciando i complicati polisillabi
dell’autore noi lo possiamo descrivere come un romanzo brillante. Da
qualsiasi parte lo si guardi, questo pappagallo spicca il volo!
Il protagonista del
romanzo è un tale Geoffrey Braithwaite, un dottore in pensione di
una sessantina d’anni, un veterano della seconda guerra mondiale e
vedovo. Sta facendo un tour per la Francia alla ricerca di vecchi
ricordi e nuove esperienze. Ritrova le spiagge della Normandia dove i
suoi compagni erano morti e Rouen, il paese di Flaubert.
Braithwaite ci
racconta diversi eventi della vita di Flaubert, un bestiario di tutti
gli animali menzionati nei suoi romanzi o nelle sue lettere,
frammenti di informazioni che riguardano le sue conoscenze, un
capitolo brillante racconta gli eventi della vita di Flaubert dal
punto di vista di Louise Colet la sua tormentata amante, c’è un
esame finale e molto altro incluso una toccante disquisizione sulla
natura della verità, sull’inevitabile inganno causato
dall’impossibilità di conoscere veramente la vita di un altra
persona, incluso sé stessi (o soprattutto sé stessi?).
Leggendo il libro
ci divertiamo a vedere Flaubert deliziato dalla pelliccia di orso
bianco presente nella sua stanza, lo seguiamo quando si arrampica sulle piramidi,
e ci viene raccontato il suo strambo piano per far cadere da lassù il biglietto da
visita di un uomo d’affari, poi troviamo il francobollo postale che porta
la sua immagine, ci avviciniamo al suo profondo senso di amore
filiale e al suo macabro senso dell’umorismo quando parla della sua
tomba scavata male.
E l’omonimo
pappagallo? Quello riguarda l’inizio del libro. Flaubert nella sua
storia “Un cuore semplice” ha creato un servo maleducato che
fantastica sulla colomba, simbolo dello spirito santo, che secondo la
sua logica deve essere sostituita da un pappagallo. Quest’uomo è
convinto che un uccello parlante potrebbe suggerire meglio lo spirito
santo visto che si tratta di una entità che dona all’uomo la
conoscenza delle lingue.
Il protagonista del
romanzo racconta che Flaubert mise sulla sua scrivania un pappagallo
impagliato, Loulou, preso da un museo locale per dare un tocco di
autenticità al suo lavoro. Braithwaite nel mentre che si trova in
una stanza dedicata all’autore nell’Hotel-Dieu in Rouen, macchia il
pappagallo causandosi un brivido di piacere dato dall’idea
dell’autentica connessione con il passato. Successivamente visita i
resti della residenza di Flaubert, una casa estiva dove vede esposto
un secondo Loulou e i suoi brividi scompaiono. Il nostro pellegrino è
disturbato da questa abbondanza di reliquie e parte il caso del
pappagallo impagliato originale scomparso.
Nel frattempo
gradualmente, lentamente e tardi in questo romanzo sotto sopra, come
lo descrive Barnes, o presto secondo l’opinione di Kingsley Amis, impariamo qualcosa
sul narratore e su sua moglie, veniamo a conoscenza dei modi in cui
lei somiglia al personaggio più noto di Flaubert, quella moglie
infelice di un dottore. “I libri sono dove le cose ti sono
spiegate; la vita è dove le cose non lo sono.”, prendete nota di
questa citazione di Braithwaite e andate avanti con un finale
esplosivo su quei pappagalli multipli.
L’autore si confida
con un giornale sostenendo che temeva che il libro potesse
interessare solo ad una manciata di Flaubertiani e ad un ristretto
numero di ornitologi. Non è stato così!
Per una fine
biografia convenzionale di Flaubert provate la superba pubblicazione
del 2006 di Frederick Brown intitolata Flaubert (ovviamente la
priorità è leggere Madame Bovary) Se volete leggere altro di
Barnes, iniziate con England, england del 1996 e proseguite con le
altre opere. Volete saperne di più sui pappagalli? Arrangiatevi, qui
si parla di romanzi!
Buona lettura a tutti e alla prossima!
Alice Tonini















