Marzo 2023 al mercato dei libri ci siamo anche noi!

 Buongiorno a tutti voi lettori, oggi si è tenuto il mercato dei libri a Castel Goffredo in provincia di Mantova e noi ovviamente c’eravamo visto anche che era una bella giornata di sole e all’aperto si stava decisamente bene.

Gli espositori erano molti e in mattinata tra i banchi sono girate molte persone. Nel pomeriggio le persone erano meno, causa anche la bella giornata. Castel Goffredo si trova ad una ventina di minuti dal lago di Garda e il fine settimana ci si può recare in gita al lago.

Il cibo di strada in vendita questa volta era il pane con il cotechino. Forse non tutti sanno che il cotechino che troviamo in tutti i cesti di natale è un prodotto tipico della tradizione culinaria mantovana, in particolare risulta prodotto certificato De. C.o. di Curtatone. Le carni dei suini devono essere rigorosamente di derivazione della pianura Padana e i budelli devono essere naturali e legati con spago. Una  tradizione poco conosciuta ma documentata sin dal 1400 vuole che durante la fiera delle Grazie (frazione di Curtatone) che si tiene davanti al Santuario della Beata Vergine si consuma cotechino (prodotto esclusivamente in loco) servito con pane fresco e accompagnato dal lambrusco. A piacere nel pane, con la carne, possono anche essere messi crauti e salsa verde. Noi l’abbiamo provato e possiamo garantirvi che è veramente molto buono quindi l’anno prossimo vi invitiamo a venire a trovarci per assaggiarlo.

Ora vi ricordo un paio di appuntamenti. Il 19 di marzo a Castel Goffredo ci sarà la fiera di San Giuseppe con spettacoli itineranti teatrali e giocoleria oltre al tradizionale luna park.

Vi auguro una buona lettura a tutti e alla prossima!

Alice Tonini

Tutti in viaggio verso la fondazione di Roma con Enea

Oggi con questo
articolo terminiamo gli inviti alla lettura dedicati agli antichi
classici. Ho deciso di finire con l’opera di Virgilio, un autore nostrano molto legato al territori mantovano e al museo del Mast di Castel
Goffredo. 

Non so se lo sai ma le leggende narrano della sua
nascita ad Andes, un piccolo paese nel mantovano mai esattamente identificato. Ci sono fonti che lo identificano con Pietole ma altre sostengono che il poeta sia nato a Castel
Goffredo in quanto la sua famiglia aveva dei possedimenti terrieri che gli
studiosi sostengono essere stati in quel territorio.

Ma lasciamo da
parte le leggende sulla nascita di Virgilio e passo direttamente a una delle sue opere più conosciute. 

L’Eneide è un poema latino composto dal nostro
Publio Virgilio Marone tra il 29 e il 19 a.C. che narra gli eventi
che portarono alla fondazione di Roma ed è antico più di due mila
anni. 

Le traduzioni moderne, soprattutto quelle degli ultimi anni, hanno tratto il meglio
dal mondo antico e da quello moderno. Hanno spesso note accurate e superbe
introduzioni che fanno da guida alla lettura senza essere
troppo scolastiche.

Virgilio ha
composto i primi sei dei suoi venti libri per rendere omaggio
all’
Odissea di Ulisse e gli ultimi sei sono un equivalente tributo all’Iliade

L’Eneide si apre con 

Arma virumque cano, Troiae primus
ab oris/ Italiam, fato profugus, Laviniaque vent/ …
“Armi
canto e l’uomo che primo dai lidi di Troia/ venne in italia
fuggiasco/…” 

Avrai notato che i principi sono in ordine inverso rispetto alle opere omeriche.
Se conoscete entrambi i lavori omerici prima citati troverete uno
strato di significato extra in ogni scena ma non fatevi l’idea sbagliata che
Virgilio stia copiando le opere omeriche.

Se l’età e la fama
di questo lavoro vi intimidiscono, pianificate di iniziare la lettura
con il primo libro, poi potrete continuare con il secondo e il quarto libro.

Il poema inizia in
modo eccitante e spaventoso con l’eroe epico Enea in un momento di
difficoltà: sta rischiando di annegare durante una tempesta e pensa
che sarebbe stato più onorevole morire in battaglia. Ha lasciato la
sua terra natale a seguito del trionfo dei greci nella guerra di
Troia. Una visone in un sogno gli ha dato una vaga missione: dovrà
fondare una nuova nazione. Ma ora, con la sua barca che affonda e gli
uomini che annegano, il senso del destino è lontano. Questo fragile
eroe riesce a raggiungere le spiagge di Cartagine dove Didone, regina
della città e donna forte, gli offre rifugio.

L’opera si divide
ora in due trame. Una racconta con un dettagliato flashback la
vittoria dei greci sui troiani grazie allo statagemma del cavallo di
Troia, questo rende i troiani complici della distruzione della loro
stessa città. La seconda trama racconta il conflitto interno del
nostro eroe diviso tra il senso del dovere e un appassionato “affare”
amoroso con la regina Didone che è convinta dell’origine mistica del
suo rapporto con Enea. 

Una spintarella dagli dei e Enea (uomo o
pedina degli scacchi?) riprende il mare. La regina Didone sale alla
sua stessa pira funeraria con il cuore a pezzi (come Cleopatra che si
impegnò con un romano) e muore suicidandosi, trapassandosi con la
spada di Enea prima di immolarsi nelle fiamme. Il personaggio di
Didone diventa immortale, trova spazio nel lavoro di
Ettore Berlioz che tra le sue composizioni corali ed orchestrali ha
Les Troyens.

Se intendete ora proseguire la lettura procedete con la seconda parte delle avventure
di Enea e leggete altri tre libri.

Il sesto con la
famosa discesa nell’aldilà, il settimo dove Enea si ritrova in
Italia e deve affrontare una battaglia con gli indigeni e un altro
“affare” con l’iperemotiva Amata, la sua futura suocera e infine
l’affascinante libro ottavo che mette le basi della futura Roma. Se
siete dei veri virgiliani leggete i restanti libri a vostro
piacimento.

Tutti i lettori
dovrebbero arrivare alla fine del libro dove Enea uccide Turno il
capo guerriero dei nativi italiani che è anche il suo rivale per la
mano di Lavinia. Enea che ha sempre scelto il dovere razionale sulla passione, nel finale soccombe all’irrazionale arrivando ad uccidere un uomo che
si era arreso.

Ora sei qualificato abbastanza per unirti al dibattito sul finale ambiguo.
Quali reali motivi hanno spinto Virgilio ad un finale del genere?
Forse la sua conoscenza con Augusto? Il suo pensiero sull’inevitabilità del destino?

Qualunque fosse il
motivo la sua profonda saggezza e conoscenza della perdita e del
mondo sono illustrate da un espressione presente nel verso 462 del
primo libro: lacrimae rerum (ci sono lacrime nella natura delle
cose).

E con questa citazione ti saluto e ti aspetto al prossimo invito alla lettura con  un nuovo argomento. Buona lettura e alla prossima.

Alice Tonini

Inaugurazione del museo della torre di Castelvecchio a Castel Goffredo

   Il 2 Ottobre 2021 il territorio del mantovano si è arricchito di un nuovo museo. Alle ore 15.00 si è tenuta a Castel Goffredo l’inaugurazione nuovo museo della torre civica in piazza Mazzini dedicata al compianto Corrado Bocchi che per primo aveva pensato il progetto. 

   La torre è alta ben 27,65 metri ed ha una pendenza di 80 centimetri. La salita fino al belvedere in cima è pensata per presentare al visitatore la storia della fortezza di Castel Goffredo e del suo comune. 

In età medievale, dal X al XIII secolo sappiamo per certo che il paese era dotato di fossato che delimitava un recinto formato da terrapieno e palizzata. Le teorie più accreditate risalgono agli scavi effettuati nel 1989 e ipotizzano la presenza di una curtis romana, grande azienda agraria, attorno alla quale sarebbero sorte le prime fortificazioni che servivano originariamente per tenere al sicuro i lavoratori della curtis da eventuali assalti. Questo complesso fortificato sviluppandosi soprattutto in età medievale, ha meritato l’appellativo di castrum o castellum. Lungo il percorso che porta alla cima della torre si può vedere un filmato in 3d che mostra e racconta l’evuoluzione delle fortificazioni che ha portato da curtis a castellum.

Della storia della torre sappiamo che è stata eretta su di una precedente costruzione, probabilmente la porta meridionale del primo Castelvecchio o di un edificio fortificato. In origine era più bassa di ben 7 metri, aveva il tetto spiovente, feritoie e una decina di finestre. Il piano terra era sormontato da una volta a botte alta 7 metri che delimitava l’ingresso nella piazza del comune, una saracinesca veniva aperta e chiusa per controllare l’accesso di uomini e merci. La torre di Castel Goffredo aveva la duplice funzione di torre principale del castello per controllare il territorio circostante e di torre campanaria per le comunicazioni alla popolazione.

Durante la risalita potrete ammirare, e anche udire, le grandi campane. Ogni campana suona solamente una nota e originariamente nel concerto campanario di Castel Goffredo venne fatto spazio per la messa di altre due campane che però non vennero mai posizionate. Inoltre ognuna delle campane ha un nome proprio e una propria funzione. Ad esempio la campana più piccola di tutte viene chiamata la campana del mortino e veniva fatta suonare solo alla morte dei bambini.

La piccola campana del mortino. 

La messa dell’orologio risale al 1438, lungo il percorso si può ammirare il meccanismo originale a pesi finemente restaurato per l’esposizione. Ovviamente oggi il vecchio meccanismo è stato sostituito da uno moderno ma la visuale del quadro dell’orologio dall’interno vale davvero almeno una fotografia.

Durante la risalita si può vedere anche la vecchia pesa comunale rossa che faceva parte dei servizi che il comune offriva ai cittadini. Forse non tutti sapete che insieme al servizio relativo alla pesatura delle merci il comune doveva garantire il servizio dell’osteria comunale e dell’orologio.

Ultimo ma non meno importante, sulla cima della torre vi aspetta l’emozionante belvedere. Un colpo d’occhio incredibile sulle terre dell’alto mantovano assolutamente da filmare.

Credo di avervi raccontato e anticipato già molto di quello che vi aspetta, vi invito a venire a trovarci per una risalita.

Buona lettura 

Alice Tonini

L'erba amara di Castel Goffredo: tra leggende e buona cucina

   Oggi vi porto a conoscere l’erba amara di Castel Goffredo, tanto amata da tutti i mantovani. 

   Non si tratta di un’erba qualsiasi ma è speciale e ovviamente ha a che
fare con curiosità legate al mondo dei libri.

Il nome latino della pianta è balsamita major var. tanacetoides in italiano diventa balsamite.

 Son sicura che molti di voi la conoscono
già, magari con altri nomi. In piemonte è conosciuta con il nome di
erba di San Pietro, erba della Madonna in toscana o erba vona nelle
Marche. In inglese è l’alecost, in germania abbiamo la Balsamkraut,
in francia la menthe de Notre Dame e in Spagna l’hierba de Santa
Maria.

L’origine dell’erba amara è incerta ma
quasi tutte le fonti indicano la sua terra di provenienza in oriente, asia minore,
più precisamente nel caucaso e in iran settentrionale dove ancora
oggi è molto diffusa e utilizzata.

Si tratta di un’ erba conosciuta dagli
antichi egizi, dai greci e dagli antichi romani. Durante il medioevo
era di facile reperibilità in qualsiasi giardino o orto. Utilizzata
per fare balsami medicamentosi, mescolata negli incensi durante i
riti religiosi, testimonianze ci dicono fosse usata anche nella
produzione della birra.

Oggi è un’erba rara, in alcuni
continenti come l’australia e l’america del nord è diventata quasi
introvabile. 

Qui in italia negli ultimi anni si è assistito ad una
sua graduale rivalutazione. I punti di riferimento principali restano
le officine di Santa Maria Novella a Firenze dove viene utilizzata
nella produzione di pasticche e profumi e Castel Goffredo a Mantova
dove viene utilizzata in gastronomia.

Non tutti conoscono l’origine curiosa
di uno dei nomi dell’erba: Bibleleaf o foglia della Bibbia. Racconta
la leggenda che i Puritani americani, che professavano la semplicità
del culto, l’esclusione dei paramenti sacri, delle immagini, delle
candele e di altri oggetti sacri come il crocifisso, tra il ‘700 e
l’800 utilizzassero le foglie di balsamite come segnalibro tra le
pagine della bibbia durante le ore di preghiera probabilmente a causa
del suo forte profumo aromatico che le è valso anche il nome di
menta romana.

Dal 2004 circola una pubblicazione molto interessante sull’argomento: Il gioco dell’erba amara di P. Polettini e L. Corresini. Recentemente è stato ripubblicato in una nuova edizione estremamente interessante con indicazioni storiche ma anche ricette da provare a casa. Lo consiglio a chi sia interessato alla storia delle erbe aromatiche e anche a chi vuole provare nuove combinazioni curiose in cucina

Se siete interessati alla sua coltivazione forse non sapete che la tradizione indica come periodo migliore per raccogliere le foglie da metà giugno a metà luglio. Si dice che queste siano le
settimane durante le quali la pianta è più profumata e ricca di oli
essenziali. Ma è buona tutto l’anno credetemi, soprattutto nel ripieno dei tortelli.

Visto che ogni anno a metà giugno a
Castel Goffredo c’è la tradizionale festa del tortello amaro direi
di cogliere l’occasione per unirvi a noi e assaggiare questo prodotto
unico che non troverete da nessun’altra parte, ve lo assicuro.

Un saluto e buona lettura a tutti.

Alice