Ciao a tutti, appassionati di trame oscure e incantesimi nascosti! Oggi non parleremo di cadaveri nel baule o di grimori polverosi, ma di qualcosa di ben più potente: la felicità!
Sì, perché anche nel cuore di un amante del mistero e della magia si annidano piccole (e grandi) gioie. Ho stilato per voi una lista di trenta momenti che mi fanno brillare gli occhi, tutti legati al nostro mondo fatto di inchiostro, segreti e un pizzico di soprannaturale. Pronti a scoprire cosa mi rende felice? E chissà, magari ritroverete anche le vostre scintille…
* Trovare una libreria d’antiquariato e sentire il profumo della carta che ha visto mille storie.
* Il brivido di una prima frase che ti cattura e non ti lascia più andare.
* Risolvere un enigma letterario prima che il detective nel libro lo faccia.
* La sensazione delle pagine nuove tra le dita, intatte e piene di promesse.
* Scoprire un autore del mistero sconosciuto che ti rapisce con la sua penna.
* Un colpo di scena inaspettato che ti fa urlare “Non è possibile!” al libro.
* La complicità con un amico che ha letto lo stesso romanzo e capisce le tue ossessioni.
* Scrivere la parola “Fine” dopo aver dato vita a un nuovo mistero.
* Il silenzio di una notte tempestosa, perfetta per leggere una storia di fantasmi.
* L’emozione di decifrare un codice nascosto in un testo antico.
* Una copertina di libro che ti chiama dal primo sguardo, come un richiamo arcano.
* Sentire la pioggia scrosciare mentre sei avvolto in una coperta con un buon thriller.
* L’odore dell’inchiostro fresco su un manoscritto appena stampato.
* Trovare un’annotazione misteriosa a margine di un libro usato.
* Il calore di una tazza di tè mentre ti immergi in un cold case.
* Creare un personaggio oscuro e vederlo prendere vita pagina dopo pagina.
* La luce fioca di una lampada che illumina solo le parole di un racconto macabro.
* Un’intuizione improvvisa che ti sblocca un blocco dello scrittore.
* Visitare un luogo che ha ispirato un romanzo di mistero che ami.
* La riscoperta di un classico che ti sorprende come fosse la prima volta.
* Vedere i tuoi lettori entusiasti per un mistero che hai creato.
* Un indizio ben nascosto che solo i lettori più attenti possono cogliere.
* La solitudine di una biblioteca antica, popolata da fantasmi letterari.
* L’adrenalina di una scadenza che ti spinge a scrivere fino all’alba.
* Decifrare un criptogramma che si rivela essere la chiave di volta di una trama.
* L’eccitazione di una nuova idea che ti balena in mente, oscura e affascinante.
* Il ronzio di un ventilatore in una calda notte d’estate, mentre sei immerso in un giallo.
* Sentirsi parte di una congiura, anche solo leggendo le pagine di un thriller politico.
* Il momento in cui un mistero si svela, lasciandoti senza fiato.
* La consapevolezza che ci saranno sempre nuove storie da leggere, nuovi misteri da svelare e nuova magia da scoprire.
Spero che questa lista vi abbia strappato un sorriso e magari vi abbia fatto riflettere su cosa rende felici voi nel nostro peculiare mondo di libri, misteri e incantesimi. E voi, quali sono le vostre scintille di felicità? Fatemelo sapere nei commenti, sono curiosa di scoprirle!
Alice Tonini
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6 risposte a “Gli Incantesimi della Felicità: 30 Momenti Magici”
Da lettore e scrittore condivido a pieno tutti i punti che hai descritto!
(Anche se, forse, non quello del tè caldo… Non amo né il tè ne le bevande troppo calde, se posso lo sostituisco con un cappuccino!)
Da uomo di scienza aggiungo: trovare la spiegazione a dei dati, capire la causa di un problema, vedere la correlazione tra proprietà apparentemente scollegate, fare un esperimento che conferma le proprie ipotesi.
Da padre, l’abbraccio di mia figlia, la sua risata quando faccio il matto anche se sono le sei del mattino, il suo modo di accoccolarsi tra le mie braccia mentre le leggo una favola.
Forse un po’ off topic, spero mi perdonerai.
Un saluto!
Ma come hai fatto ad anticipare di tre giorni questi ‘trigger’ di daily promt? Lo ho letto ieri e oggi leggo la proposta di WordPress attraverso il tag dailypromt come esercizio di scrittura. Illuminami ti prego! Svelami il tuo trucco segreto ! Condividi la formula magica e io se ti farà piacere condividerò un tuo racconto 🥹
Nessun trucco, io scrivo su tablet e nella versione wordpress per browser le proposte dei temi compaiono con largo anticipo. Tra l’altro lo scopro ora anche io, 👍
Bello vedere che i giovani riescono ancora a trovare motivo di felicità “nelle piccole cose”. Per quel che mi riguarda faccio sempre più fatica essendo l’abitudine, la quotidianità, nemica della”sorpresa”, e io sono molto abitudinaria. Nella consuetudine si sta al sicuro. Ma mi impegnerò in questi giorni a scoprire nelle mie giornate momenti di FELICITÀ. Ti farò sapere. Ciao!
In un mondo in cui l’ombra danza e il mistero si annida dietro ogni angolo, c’è un’abitudine, una scintilla, che irradia una felicità singolare. Non è la frenesia effimera di una corsa sfrenata o l’euforia di un traguardo raggiunto, ma il brivido costante, quasi un sussurro arcano, che mi lega indissolubilmente all’atto della scrittura.
Perché, vedete, per me la vera gioia non risiede nel semplice assemblare parole, ma nel dare vita a entità che respirano l’aria torbida del sovrannaturale e si muovono tra le pieghe più oscure dell’animo umano. Quando le mie dita danzano sulla tastiera, o la penna scivola sul foglio, non sto semplicemente “scrivendo un blog” o “creando una storia”. No. Sto aprendo un portale.
Sto evocando personaggi dalle nebbie del subconscio, creature che pulsano di vita propria, con segreti inconfessabili e destini che si intrecciano come radici contorte sotto una terra maledetta. Che sia l’investigatore tormentato che brancola nel buio di un caso irrisolto, o la banshee che ulula la sua disperazione tra le rovine di un castello dimenticato, ogni figura prende forma, acquista profondità, e diviene parte di un affresco più grande.
E non c’è gioia più pura che quella di vedere queste narrazioni prendere vita, dispiegarsi come antichi manoscritti svelati da una luce fioca. Ogni capitolo è un passo in più in un labirinto di suspense e orrore, ogni dialogo un sussurro che risuona negli angoli più reconditi della mente. Il processo è un incantesimo, un rituale solitario in cui la realtà svanisce e lascio che l’immaginazione, con le sue sfumature più cupe e affascinanti, prenda il sopravvento.
Ma la vera epifania, la rivelazione più potente, giunge quando decido di condividere questi mondi con voi. C’è una magia intrinseca nell’offrire agli altri una parte di ciò che è nato nell’oscurità della mia mente. Che sia attraverso le pagine del mio blog, dove svelo frammenti di racconti e riflessioni sul genere, o nelle trame intricate dei miei romanzi e racconti, l’atto della condivisione secondo me è un invito. Un invito a esplorare l’ignoto, a sentire il freddo tocco della paura, a perdersi nelle profondità del mistero.
È un legame invisibile che si crea con chi legge, un’eco delle mie storie che risuona nelle vostre menti. E in quell’eco, in quel contatto silenzioso, risiede la più profonda delle felicità. Perché scrivere, per me, non è solo un’abitudine; è una necessità, una pulsione irrefrenabile a tessere ragnatele di parole, ad accendere lanterne nelle tenebre, e a condividere il mio amore per l’orrore, la magia e la fantascienza.
È una felicità intrisa di mistero, un’abitudine che illumina le ombre, e che spero possa continuare a stregare me e chiunque si avventuri tra le pagine che nascono da questa oscura, meravigliosa passione che richiede tanto sacrificio e a volte è arida di soddisfazioni.
Quali sono le vostre passioni? Quelle attività di cui proprio non potete fare a meno per ritrovare un po’ di benessere? Alla prossima.
Alice Tonini
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Una replica a “Scrivere per Amore: Passione e Mistero”
La sirena del battello risuona per la via, seduto al tavolino di un bar un turista biondo con ai piedi delle Birkenstock spalma il miele sul pane e sorseggia un caffè con aria indifferente. «Muoviamoci lettori dell’ignoto, non possiamo perdere anche questo battello o per oggi non avremo altre possibilità di andare a Delo.» Stringo tra le mani i biglietti e faccio lo slalom tra una signora in ciabatte e costume da bagno in attesa davanti al molo e un papà che spinge un passeggino carico di borse. Corro a bordo, il rumore del ponte di metallo sotto ai miei piedi mi da le vertigini. Mi siedo su di una panchina e tiro il fiato. «Ce l’abbiamo fatta, ora che siete a bordo con me posso raccontarvi qualcosa dell’isola: dovete sapere che Delo non è una isoletta arida e sperduta piena di ruderi.»
Delo non accoglie visitatori casuali; li attira. Solo chi è divorato da un’insaziabile fame di conoscenza, chi percepisce il richiamo di epoche sepolte, osa avventurarsi sulle sue rive. Quest’isola spoglia, apparentemente priva di risorse, fu in realtà il cuore pulsante di un impero invisibile, un crocevia mistico dove il sussurro dell’antica Grecia si fondeva con l’eco maestoso di Roma. La sua posizione, enigmaticamente centrale nell’arcipelago, non era un mero dettaglio geografico, ma un sigillo del suo potere, una porta che univa mondi e destini. Cosa si cela ancora sotto le sue pietre millenarie? Quali segreti attendono di essere svelati dal vento che accarezza le sue rovine?
La leggenda narra che la disposizione stessa delle isole Cicladi attorno a Delo non fu un capriccio della natura, bensì un atto divino. Si narra che Delo fosse il sacro luogo di nascita di due tra le più potenti divinità dell’Olimpo: Apollo, il dio del sole splendente, e Artemide, la misteriosa dea della luna. Le isole si sarebbero disposte in cerchio, in un gesto di reverenza, per proteggere e onorare il luogo dove la luce e l’ombra vennero al mondo.
Ma la leggenda di Delo affonda le sue radici ancora più in profondità, in un’epoca in cui gli dei camminavano sulla terra. È nell’Inno ad Apollo di Omero, un testo che risale all’800 a.C. circa, che troviamo il mito di Leto, una mortale di straordinaria bellezza. Incinta di Zeus, la sua condizione la rese una fuggitiva: nessun luogo osava darle asilo, temendo la terribile ira di Era, la gelosa moglie del re degli dei. Fu una piccola isola, fino a quel momento errante tra le onde, a mostrare pietà. Accettò di ospitare Leto nel suo momento più vulnerabile. In segno di gratitudine e per assicurare un luogo sacro alla nascita dei suoi figli, Zeus la stabilizzò per sempre. Creò quattro possenti pilastri che, emergendo dalle profondità marine, ancorarono saldamente l’isola al suo posto. Questa terra, destinata a un fato glorioso, era proprio Delo. Fu qui, su un minuscolo promontorio noto come Monte Cinto (da cui deriva il nome “Cinzia” per Artemide, la dea della luna piena), che Leto diede alla luce i due gemelli divini.
Dalla cima del Monte Cinto, la vista è mozzafiato. Da lì, il tuo sguardo spazia sull’intera isola di Delo e abbraccia l’intero circolo delle Cicladi, inclusa la vivace Mykonos, che sembra quasi a portata di mano, a meno di quattro chilometri di distanza. Eppure, al di là della sua bellezza storica, la Delo di oggi custodisce un’atmosfera sottile e inquietante. Nonostante la sua apparente tranquillità, l’isola sembra popolata da presenze silenziose e invisibili che paiono seguire ogni passo del visitatore. Non è raro, infatti, che coloro che scelgono di pernottare sull’isola riportino di aver vissuto sogni strani e vividi, quasi che le antiche energie del luogo si manifestino ancora, sussurrando storie di un tempo dimenticato.
C’è un’ironia silenziosa nel destino di Delo e Mykonos. In tempi antichi, i loro ruoli erano invertiti: era Delo il fulcro vibrante di attività civili e religiose, mentre Mykonos, la sua vicina oggi così celebre, le forniva i servizi di supporto necessari. Per molto tempo, una grotta-tempio celata sotto il Monte Cinto è stata venerata come il sacro luogo di nascita dei gemelli divini. Ma la storia, con la sua inesorabile ricerca della verità, ha svelato un altro segreto: ricerche storiche più recenti hanno dimostrato che quel santuario era in realtà un tempio di epoca ellenistica, dedicato al dio-eroe Ercole. Eppure, il mistero non si esaurisce. Il sentiero che si inerpica verso la cima del Monte Cinto è una via che ha tremila anni, un cammino battuto da innumerevoli passi e preghiere. La sommità stessa del monte è un crogiolo di fede antica, punteggiata da una serie di tempietti e altari consacrati a un pantheon eclettico: dalle divinità siriane agli dei egizi Serapide e Thot (identificato con il greco Ermes), al già menzionato Ercole, e persino alla temibile e gelosa Era (la Giunone romana). Tra le molte rovine che testimoniano storie di un tempo che fu, si trova anche un teatro, costruito per dare voce e forma ai drammi religiosi che animavano l’isola.
Già tra il X e l’VIII secolo a.C., gli Ioni, greci provenienti dalle colonie dell’Asia Minore, guardavano a Delo come a un sacro epicentro di culto, un luogo dove la dea Artemide (la romana Diana) era profondamente venerata. Ma il destino dell’isola era legato a una promessa ancora più grande. È nell’Iliade di Omero che ritroviamo la leggenda di Leto e il suo solenne giuramento. Una volta accolta e salvata dall’isola errante, Leto, per gratitudine, fece una promessa destinata a plasmare il futuro di Delo. Giurò che avrebbe fatto di essa il centro di culto per suo figlio Apollo, un luogo dove il mondo intero avrebbe portato offerte al suo altare. E così fu. Sotto il segno di quella divina promessa, l’isola fiorì, non solo di vegetazione ma anche di ricchezza, come se sbocciasse in un’esplosione di “fiori e d’oro”. Consacrata ad Apollo, Delo divenne il più importante e influente centro di culto dell’intera Grecia, un faro spirituale la cui eco e il cui potente magnetismo si percepiscono ancora oggi tra le sue rovine silenziose.
Gli scavi a Delo, iniziati nel lontano 1873 da archeologi francesi, continuano ancora oggi, rivelando strato dopo strato i segreti di quest’isola misteriosa. Questi meticolosi lavori hanno portato alla luce non solo templi e santuari, ma anche le imponenti rovine di una città cosmopolita brillante, un centro urbano di incredibile completezza. A parte Pompei, non esiste un altro sito archeologico antico che offra una panoramica così esaustiva della vita quotidiana e della struttura di una città del passato.
Con una larghezza che a malapena sfiora i due chilometri, Delo è un vero e proprio museo a cielo aperto. Ogni passo conduce a un’antica vestigia, un frammento di storia che riemerge dal passato. Tra le rovine, spiccano fiori dai colori vivacissimi che sembrano richiamare le tinte brillanti dei mosaici, straordinariamente ben conservati, che adornavano i pavimenti di alcune case private. In questo crogiolo di storia e bellezza, giungevano artigiani e artisti da ogni angolo del mondo antico allora conosciuto. Venivano qui per rendere omaggio ad Apollo, il più greco di tutti gli dei. Venerato come patrono della poesia, della musica e dell’arte, Apollo era anche il Signore della verità e della luce, una divinità guaritrice che diede vita a Esculapio, il dio della medicina. Era anche il dio della ragione, il cui celebre motto, “Non esagerare mai”, adornava l’oracolo di Delfi. Le commemorazioni in onore di Apollo erano occasioni di gioia e celebrazione. I poeti che riuscivano a cantare le sue lodi con particolare successo venivano premiati con una ghirlanda di alloro, l’albero sacro al dio, simbolo eterno di gloria e riconoscimento.
Il legame profondo tra la poesia e l’alloro, come ci svela Robert Graves nel suo affascinante libro La DeaBianca, va ben oltre la semplice immortalità simboleggiata dal suo essere sempreverde. Questa pianta nasconde un potere più antico e inebriante. Graves spiega che le donne celebranti la tripla luna masticavano foglie di alloro per raggiungere uno stato di eccitazione poetica ed erotica, un canale per connettersi con energie primordiali. E quando Apollo, il dio della poesia e della luce, prese possesso dell’oracolo di Delfi, la sacerdotessa Pizia, che mantenne il suo ruolo, apprese anch’essa a masticare l’alloro. Da questa pratica traeva l’ispirazione necessaria per le sue divinazioni, le sue parole cariche di mistero e premonizione che risuonavano attraverso i secoli.
Delo, un’isola intrisa di spiritualità, non solo mantenne la sua fama in epoca precristiana grazie alla sua profonda importanza religiosa, ma forse proprio per essa, emerse come un cruciale centro di potere politico e militare. Fu dapprima il quartier generale di un influente consiglio ionico, un nodo di incontro per le città-stato greche dell’Asia Minore. In seguito, la sua rilevanza crebbe ulteriormente quando divenne la guida di una lega di città-stato e isole, unite contro la minaccia persiana e altri potenziali nemici. Ogni membro di questa alleanza contribuiva con navi e una somma di denaro, che inizialmente veniva custodita nel sacro tempio di Apollo sull’isola, a testimonianza di come il divino e il temporale si intrecciassero indissolubilmente.
L’importanza dell’isola non sfuggì neanche ad Atene che, verso la metà del VI secolo a.C., cominciò a volgere il suo sguardo su questa piccola terra intrisa di sacralità. Nel 540 a.C., Pisistrato, tiranno di Atene, ordinò la purificazione di Delo, stabilendo che tutti i cadaveri dovessero essere rimossi dal terreno visibile dal santuario. Con il passare degli anni, le proibizioni di natura religiosa si fecero sempre più stringenti. Si arrivò al punto in cui tutte le tombe furono rimosse e fu persino vietato nascere e morire sull’isola. La vicina isola di Renea divenne il nuovo, designato cimitero, un’appendice necessaria per preservare la purezza sacra.
Plutarco ci tramanda vividi dettagli delle spettacolari cerimonie organizzate da Nicia, il governatore ateniese. Queste non erano semplici atti di devozione, ma vere e proprie dimostrazioni di grandiosa generosità pubblica.In almeno un’occasione memorabile, Nicia fece costruire un ponte di barche tra le due isole, separate solo da uno stretto canale. Questo ponte non era un semplice collegamento, ma una struttura “magnificamente decorata e abbellita con ghirlande e arazzi”, trasformandosi nel sontuoso teatro di una processione che si svolgeva all’alba, al sorgere del sole. Un evento che univa il sacro al profano, la bellezza all’ostentazione, lasciando un’impronta indelebile nella storia di Delo.
La storia di Delo si intreccia anche con figure potenti e controverse come Policrate, il tiranno di Samo. A un certo punto, il suo dominio si estese anche sulle Cicladi, e per dimostrare la sua fervente devozione ad Apollo, Policrate compì un gesto di grandiosa simbolicità: dedicò al dio anche la vicina Renea, congiungendo le due isole con una grossa catena. Un atto che non solo mostrava la sua fede, ma che univa fisicamente due terre, rendendole un unico, maestoso tributo al dio del sole.
I regolari pellegrinaggi verso Delo, conosciuti come “teorie”, non erano semplici viaggi devozionali; assunsero il rango di vere e proprie ragioni di stato. Questi cortei sacri erano accompagnati da cori solenni e da speciali tesorieri, incaricati di portare offerte preziose e una corona d’oro in omaggio ad Apollo. L’isola stessa vantava un suo coro distintivo, le celebri Vergini di Delo. Questo gruppo divenne assai famoso non solo per la sua abilità nell’imitare tutti i dialetti, ma anche per le sue complesse e affascinanti danze ritmiche, che aggiungevano un ulteriore livello di misticismo e spettacolo alle cerimonie dedicate al dio.
Il legame tra Atene e Delo era talmente profondo da influenzare persino la giustizia della polis. Platone ci racconta che ogni volta che si svolgeva un pellegrinaggio sacro verso Delo – le cosiddette “teorie” – Atene doveva mantenersi in uno stato di purezza. Una tradizione ferrea decretava che nessuna esecuzione capitale potesse aver luogo finché la nave sacra non avesse raggiunto Delo e, soprattutto, non fosse ritornata ad Atene.” La qual cosa a volte, in periodi di bonaccia,” scrive Platone, “poteva durare anche parecchio.” Un’affermazione che risuona vera ancora oggi: il viaggio in battello richiede dalle quattro alle cinque ore. Per gli antichi, che disponevano solo di vele e remi, un tale viaggio doveva essere considerato una vera e propria impresa, quasi un azzardo.Questa singolare moratoria ebbe un’eco persino in uno degli eventi più tragici della storia ateniese: si narra che l’esecuzione di Socrate, nel 399 a.C., fu ritardata proprio a causa di un pellegrinaggio in corso a Delo. Un ritardo dettato non dalla pietà umana, ma dal rispetto per una tradizione sacra che legava indissolubilmente la giustizia terrena alla purezza divina dell’isola di Apollo.
Nonostante la sua aura divina e il suo ruolo di centro di culto, Delo non fu immune alle critiche e al cinismo. Anche in tempi antichi, esistevano scettici, miscredenti e malcontenti pronti a gettare un’ombra sulle sue pretese sacre. Il poeta Critone non esitò a descrivere gli abitanti di Delo come “parassiti di Apollo”, suggerendo che la loro prosperità fosse dovuta più alla devozione altrui che al proprio lavoro. E Plinio rincarò la dose, scrivendo che l’isola divenne famosa come “ingrassatrice di galline e inventrice di salsine”, un’espressione che sottolinea sarcasticamente l’ozio dei suoi residenti.Le attività di Delo subirono una trasformazione radicale nel corso dei secoli. Verso il III secolo a.C., l’isola era conosciuta principalmente per il suo mercato del grano, un fulcro per il commercio di una risorsa vitale. Ma un secolo dopo, la sua reputazione prese una piega ben più oscura: Delo era diventata un famigerato centro per il mercato degli schiavi, un luogo ben noto ai pirati del Mediterraneo. I loro clienti erano i ricchi latifondisti romani, costantemente bisognosi di manodopera per le loro vaste proprietà. Così, l’isola sacra di Apollo si trovò ad essere il cuore di un commercio tanto lucroso quanto disumano, un’inquietante contraddizione che continua a sfidare la nostra comprensione.
Oggi, attraversando le rovine silenziose di Delo, è impossibile non percepire la sua aura. Nonostante il tempo e la storia l’abbiano plasmata, l’isola rimane un luogo di potente magnetismo. Ogni pietra, ogni frammento di mosaico, ogni alito di vento sembra sussurrare storie di dei, di giuramenti e di sacrifici. Forse è per questo che, mentre il sole tramonta sulle Cicladi, Delo non si limita a essere un sito archeologico. Diventa un’entità viva, un enigma sospeso tra il mito e la realtà, un luogo dove le presenze invisibili sembrano ancora vegliare. Tutto questo non è solo storia, è un mistero che continua a respirare.
Il nostro viaggio continua, ⛵
Alice Tonini
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Una replica a “Delo: L’Isola Sacra Tra Mito e Storia 🏛️ #1”
sillydeliciouslyf76523c1d3
Come, sempre, complimenti per queste belle ricerche; sicuramente molto impegnative. Se solo fossi più “spavalda” già domani partirei per Delo, intanto che ancora ho ben in mente quel che hai scritto. Ma invece mi limiterò ad aspettare la seconda parte del tuo scritto qui, al sicuro, in casa mia. Ciao!
Che cosa cambieresti della società moderna? Se c’è una domanda che mi assilla, notte e giorno, tra le spire di trame oscure e le bozze di incubi letterari, è proprio questa. E mentre la mia mente, spesso un labirinto caotico a causa di un’ADHD con cui danzo ogni giorno, cerca una risposta, emergono scenari che non sempre possono trovare un confine tra le pagine di un romanzo horror o sci-fi.
La verità è che il mistero più grande non è celato tra creature d’ombra o futuri distopici, ma si annida nelle pieghe della nostra realtà quotidiana. I miei romanzi, lo sapete, sono un eco distorto e amplificato delle ingiustizie che vedo, delle voci che non vengono ascoltate. Ho esplorato il disagio giovanile: quella nebbia che avvolge le nuove generazioni; la soffocante morsa delle differenze sociali ed economiche che creano abissi invalicabili, la repressione e l’isolamento che relegano individui in margini invisibili. E non è solo finzione. È un riflesso di ciò che vivo, di ciò che molti di noi vivono.
Essere un “pesce piccolo” nel vasto oceano dell’editoria, un’autrice che naviga con una mente che corre su mille binari contemporaneamente, significa spesso essere confinati in un angolo. È un mondo dove l’investimento è misurato in profitto immediato, non in potenziale, non in originalità, non in voci “diverse”.
Ma immaginate per un istante, cari lettori, un mondo differente.
Immaginate un mondo dove l’inclusività non è una parola vuota, ma un tessuto connettivo che lega ogni individuo. Un mondo dove il valore di ciò che facciamo non è misurato da un unico, rigido metro, ma da una serie di strumenti adatti a ognuno di noi. Perché non siamo tutti uguali, e questa non è una debolezza, ma la nostra più grande forza. Vorrei un mondo dove la diversità non è un ostacolo, ma un coro di voci uniche che risuonano, finalmente, senza timore.
E se potessi riscrivere il presente, dipingerei una gioventù meno prigioniera degli schermi e più libera di costruire vere community. Meno post effimeri e più libri tra le mani, dove le storie prendono vita non in 280 caratteri, ma in pagine dense di significato. Sogno viaggi che non siano solo vetrine di perfezione, ma percorsi di scoperta, di sé stessi e del mondo, lontano dall’ossessione del “vedere ed essere visti”.
Forse è un sogno utopico, un’eco di un mondo che non esiste se non nelle trame che creo. Ma c’è un sottile filo di mistero che unisce questi desideri. Il mistero di cosa potremmo diventare se solo osassimo sfidare le convenzioni, se solo concedessimo spazio all’ignoto che è in ognuno di noi. Se solo permettessimo a ogni voce, anche la più inaspettata, di narrare la propria storia.
Carissimi lettori del mistero e dell’ignoto voi, cosa cambiereste? L’attesa e la speranza che accompagnano in silenzio le risposte a questa domanda, per me, sono il vero inizio di ogni possibile futuro. A presto 😘
Tonini Alice
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3 risposte a “Rivoluzionare la Società Moderna: Cosa Cambiare?”
La prima cosa ce cambierei, sarebbe insegnare alle persone ad usare la loro MENTE. Attualmente, a scuola ci insegnano a ripetere la lezione, ad imparare alcuni concetti amemoria, ma senza insegnarci verametne come utilizzare questi concetti. Sembra che tutto sia demandato: la famiglia si aspetta che certe cose le faccia la scuola o lo sport, la scuola e lo sport si aspettano che le stesse cose le faccia la famiglia…
E nel caos di fretta e vite condotte tra un impegno e l’altro, riflesso di ciò che sono ora i social network, i giovani imparano a trovare ogni risposta negli schermi e nei motori di ricerca e non hanno più lo spattimento di cercarla in sé stessi.
Una volta disse: la mente è come un paracadute, funziona solo se è aperta. Io aggiungo: vedo molti che postano lamentele o insinuano dubbi sull’efficacia dei paracaduti proprio mentre stanno precipitando, invece di fermarsi un secondo e capire che devono tirare una cordicella…
Grazie per la riflessione. Sono d’accordo, sarebbe bello poter insegnare alle persone anche il valore del bello e della creatività come esperienze uniche e arricchenti. Magari invece di saltare subito con il paracadute per poi lamentarsi ci si potrebbe sedere a guardare per un po’ il panorama e sentirsi un po’ più liberi.
Ben scritto ma parlando del “lasciarsi andare” tengo a precisare che non è per nulla facile, che bisogna aver coraggio, ecc. Ma sopratutto fidarsi della propria “parte oscura, ignota” ; parte della quale io ho paura, quasi mi terrorizza, e per questo la tengo sotto controllo e preferisco uniformarmi.
Detto questo voglio precisare che a me i tuoi libri piacciono proprio perché un po’ diversi, non uniformi, alla ricerca di soluzioni diverse, di mondi non scontati……
Lettori del mistero avete forse fame? Allora dovete seguirmi assolutamente, c’è una sorpresa per voi.
Immaginate una cena. Non una cena qualunque, ma un incontro epocale, dove ogni ospite è una leggenda vivente, un maestro nel suo campo, e soprattutto, una fonte inesauribile di storie affascinanti. Se mi fosse concessa questa opportunità unica, la mia tavola sarebbe un crocevia di menti brillanti, in particolare quelle che tessono trame di mistero, orrore, fantascienza e quelle che si immergono nelle profondità del folklore e delle leggende. Attorno ad un abbondante antipasto avrebbero tutti qualcosa da raccontare.
Il primo nome sulla mia lista, e probabilmente su quella di molti, è Stephen King. Il Re dell’Horror non ha bisogno di presentazioni. Sarebbe affascinante sedersi di fronte a lui e chiedergli: “Maestro, dove trova l’ispirazione per le sue narrazioni più coinvolgenti? Nascono da incubi, da intuizioni o da osservazioni del quotidiano?” Immagino che la sua risposta sarebbe un intrico di genialità e umorismo nero.
Accanto a lui, vorrei sedessero altri pilastri del genere. Penso a Neil Gaiman, il cui genio mescola mitologia, folklore e urban fantasy in modi unici. Le sue opere sono un ponte tra il mondo conosciuto e l’ignoto, e mi piacerebbe capire come riesce a dare vita a divinità antiche e creature fantastiche nel contesto moderno; come riesce a inserire temi complessi nella narrazione per ragazzi.
E parlando di scifi, non potrei non includere qualcuno come Brandon Sanderson, il cui world-building è una vera e propria architettura fantastica, o magari Margaret Atwood, con le sue distopie inquietanti che riflettono in modo sorprendente la nostra realtà. Ogni ospite porterebbe la sua prospettiva unica su come creare mondi e personaggi che rimangono con noi anche molto tempo dopo aver chiuso una loro opera.
Di cos’altro potremmo discorrere? Mentre gustiamo un buon piatto di tortelli amari, specialità tipica della mia zona che spero apprezzerebbero, le domande andrebbero ben oltre la pura tecnica narrativa. Vorrei chiedere loro particolari sulla loro vita da scrittore: com’è la loro quotidianità? Ci sono rituali particolari, orari preferiti per scrivere, o è un flusso continuo di idee e parole? È un percorso solitario o collaborativo?
Al di là della scrittura, cosa amano fare? Quali sono i loro hobby, le loro fughe dalla realtà che non implicano la creazione di mondi? Sarebbe interessante anche sapere se potessero vivere in un’altra epoca, quale sceglierebbero e perché? Ci sarebbe un periodo storico che li affascina particolarmente e che forse ha influenzato le loro opere? Sono sicura che davanti a un buon piatto di spiedo con la polenta e a un buon bicchiere di vino rosso racconterebbero cose che non direbbero mai in nessuna intervista.
Quali sono i temi ricorrenti nelle loro opere che sentono più vicini, quelli che non smetterebbero mai di esplorare? Che si tratti della natura umana, della paura dell’ignoto, della società o della tecnologia, sarebbe interessante capire le loro ossessioni se sono solo letterarie. Un sorbetto rinfrescante per digerire la cena renderebbe l’atmosfera più leggera.
Naturalmente, la conversazione si allargherebbe anche ai misteri legati alla magia e al folklore, alle leggende che hanno ispirato alcune delle loro storie più famose. Ogni scrittore ha un serbatoio di ispirazione, che attinge spesso alle tradizioni orali, ai miti e alle credenze popolari, e sarebbe incredibile sentire le loro esperienze dirette con queste fonti. Magari con un caffè.
Carissimi lettori dell’ignoto una cena così sarebbe un’immersione profonda nelle menti che plasmano le nostre paure e i nostri sogni, un’opportunità di capire non solo come creano, ma anche come vivono e pensano. E voi, chi invitereste alla vostra cena dei sogni?
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Una replica a “Conversazioni da incubo: ospiti d’onore della Letteratura”
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Io, ccome sai, amo il fantasy ma non sono patita degli horror e anche meno della fantascienza, è per di più sono vecchiotta, per cui i miei ospiti sarebbero più “antichi”. E. A. Poe, A. Conan Doyle, A. Christie, tre vecchi gotici di lingua inglese impareggiabili nel creare situazioni assurde capaci solo loro di sbrogliare e far passare per possibili. Un salutone e un bacio. A presto.
Cari lettori del mistero, nelle nostre case, in questo periodo di Dicembre, troneggia un simbolo di gioia e luce: l’Albero di Natale. Lo adorniamo di sfere scintillanti, luci e ghirlande, trasformandolo nel fulcro della festa. Ma vi siete mai chiesti perché un albero sempreverde, proprio nel momento in cui il resto della natura sembra soccombere…
Lettori dell’ignoto, il gelo di Dicembre ci spinge a rintanarci all’interno. La casa, avvolta nel silenzio ovattato della stagione, diventa il nostro santuario, il nostro cerchio magico. Ma nel mezzo di questa quiete, non siamo mai soli. I nostri compagni silenziosi, i gatti, i cani, o qualunque creatura abiti il nostro spazio sacro, diventano, in…
Cari lettori del mistero siamo a Venerdì 13. Una data carica di leggende oscure e di avvertimenti. Ma per chi, come noi, cerca la magia nelle ombre, il 13 non è sfortuna: è il numero che precede l’ordine, il numero dell’ignoto che ci spinge a osare. E quale momento migliore di questo, quando il buio…
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