Il commesso di Malamud: tra sofferenza e redenzione

Carissimi lettori del mistero eccoci al nostro consueto appuntamento letterario.

Oggi ci immergiamo nelle profondità della letteratura insolita e misteriosa dove personaggi inusuali danzano con le parole. È qui che incontriamo l’enigmatico Bernard Malamud, autore di un opera che lo avrebbe marchiato a vita: Il commesso, pubblicato nel 1957, qui in Italia è uscito anche con il titolo di Il giovane di bottega. Quest’opera non solo ha gettato le basi della sua carriera letteraria ma ha anche fatto nascere una etichetta che Malamud detestava: scrittore ebreo-americano. Una etichetta che a suo dire lo limitava e lo disgustava profondamente. Il commesso diventa un film nel 1997 anticipato di qualche anno da un altro film sempre ispirato ad una sua opera con il titolo Il migliore (The Natural, 1984 Levinson) tratto da un opera del 1952. Film con un giovanissimo Robert Redford che fu candidato a ben 4 premi Oscar. Ma al di la del successo è la battaglia di Malamud contro le etichette a rendere la sua storia così avvincente. A questo periodo sembra risalire la sua enigmatica frase, spesso citata:

Ogni uomo è un ebreo, anche se non lo sa.

B. Malamud

Ma torniamo al cuore pulsante della nostra discussione Il commesso. Questa non è solo una storia ma una immersione nell’anima del passato americano, un eco delle sue ferite e delle sue speranze. Sebbene vi abbia già accennato al suo successo, la vera forza dell’ opera risiede nelle sue radici più intime: Malamud attinge a piene mani al suo vissuto più intimo, trasformando le difficili esperienze del padre (un bottegaio ebreo russo immigrato, proprio come l’ indimenticabile protagonista Morris Bober) in pura arte narrativa. A differenza delle complesse trame che abbiamo esplorato in precedenza Il commesso incanta con la sua disarmante semplicità, celando una chiarezza che commuove. È un sottile ma potente gioco morale che dispiega i temi universali della sofferenza e delle grazia, invitandoci a riflettere sulla natura umana e sul destino.

Immergiamoci ora nella cruda realtà che attanaglia la famiglia Bober. Morris si aggrappa al suo vecchio negozio, un’attività che arranca ad arrivare a fine mese, un simbolo della loro lotta quotidiana. Al suo fianco, la moglie Ida condivide la stessa fatica e la stessa morsa della povertà. Poi c’è Helen, la figlia, un barlume di speranza, una giovane promettente. Ma il destino, come spesso accade nella vita, si rivela impietoso: Ephraim, il figlio che aveva sacrificato il college per aiutare la famiglia, si spegne prematuramente a causa di una banale infezione alle orecchie. Come ben sa chi ha conosciuto il dolore, le cose possono sempre precipitare. E infatti, la sfortuna non si ferma qui: dei ladri inetti assalgono Morris nella sua bottega, lasciandolo inabile al lavoro. Ma il nostro protagonista, dimostrando una resilienza ammirevole, si rifiuta di arrendersi, lottando con ogni fibra per rimanere a galla. È in questo scenario di disperazione che emerge una figura enigmatica: Frank Alpine. Orfano, di origini italiane e di fede cattolica, Frank si presenta con una proposta quasi assurda: vuole lavorare per Morris gratuitamente, per fare esperienza, o almeno così sostiene. Si accontenta di poco: un po’ di latte, qualche sandwich, un giaciglio sul pavimento della cantina, finché non gli viene offerto un divano e poi, finalmente, un letto. Ma quali sono le vere intenzioni di questo misterioso giovane? E come influenzerà la già precaria esistenza dei Bober?

Man mano che la storia si dipana, una verità sconcertante emerge dalle ombre: Frank Alpine, l’uomo che si accontenta di pochi spiccioli, è in realtà uno dei ladri che in passato avevano assalito Morris. Un colpo di scena che ribalta ogni aspettativa! Eppure, nonostante la sua natura tutt’altro che irreprensibile, Frank ha una strana presa sui clienti, e sorprendentemente gli affari in bottega iniziano a fiorire. Ma il passato non è l’unica ombra sulla sua anima: Frank non è un santo. Occasionalmente ruba l’incasso, falsifica i documenti e intasca denaro. E poi c’è Helen Bober. Frank ne è attratto in modo viscerale, quasi ossessivo: i suoi occhi “addocchiano” le mutandine a fiori e i reggiseni sotto i vestiti, la corteggia in modo sfacciato e, con un’inquietante audacia, la spia mentre si fa la doccia. L’attrazione di Helen, però, è un turbinio di sentimenti contrastanti. Da un lato, il suo cuore spera nel ritorno di Nat Pearl, lo studente di legge con cui ha condiviso la sua verginità. Dall’altro, una curiosità torbida e irresistibile la spinge verso Frank. Cosa succederà in questo pericoloso gioco di attrazione e segreti?

Al centro di questa narrazione, si dipana un groviglio di pregiudizi etnici che affiorano apertamente, creando tensioni palpabili. Frank, il ragazzo cattolico, si dibatte con un latente disagio, sentendosi a volte in colpa per il fatto di lavorare per degli ebrei. Allo stesso modo, Ida non riesce a sentirsi completamente a suo agio con la presenza di Frank in casa, una figura che per lei rappresenta l’estraneità. Eppure, in questo contesto intriso di reciproche diffidenze, la riabilitazione e la redenzione si fanno strada, lentamente, quasi impercettibilmente. Ma c’è un’ombra che incombe su Frank: le sue speranze e ambizioni personali superano di gran lunga le sue reali capacità. È un uomo profondamente ambivalente, un’anima in pena che cerca disperatamente il riscatto nell’oscurità delle sue azioni passate. Il suo è un tentativo disperato di riguadagnare la fiducia delle persone, dopo averle tradite nei modi più abietti. Riuscirà a liberarsi dalle catene del suo passato e a trovare la vera redenzione?

Il percorso di Frank è un intreccio di luci e ombre, un’agonia di contraddizioni che lo rendono indimenticabile. È lui a salvare Helen da una violenza in un parco pubblico, un gesto eroico che purtroppo viene macchiato dalla sua stessa brutalità: Frank le userà violenza, rivelando la sua natura bifronte. Nonostante questo, cerca ostinatamente il perdono di Morris, l’uomo che ha derubato e raggirato per anni. C’è una scena di struggente bellezza che lo vede intento a intagliare, con un semplice coltellino, una tavola di legno, trasformandola in un commovente tributo per Helen. Ma ogni speranza di redenzione sembra svanire quando lei, con un gesto carico di dolore e rifiuto, getta via tutto nella spazzatura. E ancora, a sottolineare la sua battaglia per l’accettazione, le ripetute volte in cui Morris, esasperato, lo caccerà senza mezzi termini dal negozio. Queste sono le sfaccettature di un uomo che lotta per emergere dalla propria oscurità, un passo avanti e due indietro.

Il sipario cala su un finale che è tutt’altro che rassicurante, lasciando il lettore sospeso in un’ambivalenza che brucia. Frank Alpine, l’uomo delle mille contraddizioni, finisce per abbracciare l’eredità di Morris, identificandosi con il suo modello di vuoto, tanto da giungere a convertirsi all’ebraismo. Un epilogo sconcertante, che lo vede assorbire l’identità di colui che aveva tanto raggirato. Nel frattempo, Helen si dibatte in una lotta interiore devastante, cercando disperatamente di auto-convincersi che la violenza subita non sia mai accaduta.Questa non è una conclusione, ma un’ulteriore evoluzione interiore, tipica del genio di Malamud. L’autore stesso, in una prefazione di una vecchia edizione del romanzo, offre una chiave di lettura ecumenica e provocatoria: spera che Frank non si arrenda alla lettura di San Francesco, ma che continui con Isaia. Un invito a non fermarsi a una spiritualità consolatoria, ma a cercare una verità più profonda e, forse, più scomoda, tra le righe di un destino ancora da scrivere. E voi cosa ne pensate di questo viaggio tra redenzione e inganno? Quali sono le domande che questo finale vi lascia? Fatemelo sapere nei commenti, e se l’articolo vi ha incuriosito, lasciate un like!

Alice Tonini

Una replica a “Il commesso di Malamud: tra sofferenza e redenzione”

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