Halloween è arrivato anche quest’ anno lettori del mistero e ho pensato di festeggiare con voi con un breve articolo sulle streghe in Italia.

In un’epoca dominata dalla superstizione e dalla paura dell’ignoto, le streghe venivano considerate una minaccia per la società. Tra il XV e il XVII secolo, ondate di accuse e processi infiammarono il nostro Paese, con picchi in regioni come la Val Camonica e il Comasco. Le donne, in particolare, furono le vittime principali di queste persecuzioni, spesso scatenate da sospetti infondati, rivalità personali o cambiamenti sociali. L’impatto di questi eventi sulla società fu devastante, alimentando paura e sospetto e lasciando profonde ferite nella memoria collettiva. Questo articolo si propone di analizzare brevemente la figura della strega, in particolare delle janare, nel folklore italiano, esplorandone i miti, i rituali e il ruolo che esse hanno rivestito nella società locale e nell’immaginario collettivo.
La leggenda delle streghe di Benevento, o janare, è una delle più affascinanti e radicate nel folklore italiano. Originatasi in epoca pre-cristiana, si intreccia con credenze pagane e superstizioni popolari. Le janare erano descritte come creature femminili, spesso anziane, dalle sembianze inquietanti: capelli arruffati, unghie lunghe e curve, naso adunco. Si diceva che avessero il potere di trasformarsi in animali, soprattutto in gatti neri, e di volare su scope o bastoni. Le loro riunioni notturne, i sabba, si tenevano sotto un imponente noce sulle rive del fiume Sabato, dove compivano riti magici e danzavano freneticamente. La noce di Benevento divenne così il simbolo di questi incontri proibiti, un luogo carico di fascino e terrore, dove la realtà si mescolava al fantastico. La leggenda narra che le janare potessero lanciare maledizioni, rubare il latte alle mucche e provocare malattie. Erano temute e rispettate allo stesso tempo, considerate sia creature malefiche che potenti guaritrici. L’impatto culturale delle janare beneventane è stato enorme. La loro figura è stata rappresentata in numerose opere d’arte, letterarie e cinematografiche, contribuendo a diffondere il mito ben oltre i confini del Sannio. La leggenda delle streghe di Benevento è diventata un archetipo universale, un simbolo dell’inconscio collettivo che continua a affascinare e inquietare. Ancora oggi, in molti paesi, le streghe sono associate a rituali notturni, a poteri soprannaturali e a una figura femminile misteriosa e affascinante.
Mentre le janare di Benevento sono indubbiamente le più famose, anche la Puglia ha le sue streghe, figlie di una tradizione millenaria che si è evoluta in modo peculiare. Le radici delle janare pugliesi affondano in culti pre-romani legati alla fertilità della terra e al culto delle acque. Divinità femminili, spesso associate a grotte e fonti, si sono trasformate nel tempo in creature ambivalenti, capaci sia di proteggere che di nuocere. Le janare pugliesi sono spesso descritte come più giovani e meno brutte delle loro cugine beneventane. A volte vengono raffigurate come donne bellissime, ma pericolose. Mentre le janare beneventane sono legate al noce, quelle pugliesi prediligono grotte, boschi e fonti, luoghi ritenuti sacri e misteriosi. Oltre ai poteri comuni a tutte le streghe (trasformismo, volo, malefici), le janare pugliesi sono spesso associate a poteri legati all’acqua, come la capacità di provocare tempeste o di guarire con l’acqua di particolari fonti. In alcune zone della Puglia, le janare sono viste più come protettrici dei raccolti e degli animali domestici che come creature malefiche. Le janare pugliesi sono maestre nell’arte della seduzione e della manipolazione. Possono assumere forme diverse per ingannare le loro vittime, spesso uomini soli e ingenui. Sono legate a simboli come il fuso, la conocchia e il pettine, strumenti del loro lavoro femminile ma anche oggetti magici. Il mito delle janare pugliesi è ancora vivo nella memoria popolare, seppur in forme diverse. Storie e leggende si tramandano di generazione in generazione, alimentando l’immaginario collettivo. Nonostante i cambiamenti sociali e culturali, la figura della janara continua a esercitare un fascino misterioso e a rappresentare un ponte tra passato e presente.
Il Nord Italia fu teatro di alcune delle più feroci cacce alle streghe in Europa. Regioni come la Val Camonica e Triora videro bruciare sul rogo decine di persone, accusate di pratiche diaboliche e di aver scatenato calamità naturali. Le accuse più comuni riguardavano la partecipazione a sabba, la creazione di pozioni magiche, il danneggiamento dei raccolti e l’induzione di malattie. Alla base di queste persecuzioni vi erano diverse motivazioni: paure ancestrali, conflitti sociali, desiderio di controllo sulla popolazione e l’influenza della Chiesa che, attraverso bolle papali come la “Summis desiderantes affectibus”, legittimò e incoraggiò la caccia alle streghe. Molte donne, spesso emarginate e accusate di devianza, divennero facili bersagli di queste accuse. In periodi di crisi o di grandi cambiamenti, la società ha spesso bisogno di un capro espiatorio su cui proiettare le proprie paure e frustrazioni. Le streghe, con la loro reputazione di creature malvagie e in contatto con il demonio, si prestavano perfettamente a questo ruolo. Le persecuzioni delle streghe erano uno strumento per rafforzare il controllo sociale e reprimere comportamenti devianti. Spesso le accuse di stregoneria erano rivolte ai più deboli e ai marginali della società, come contadini, mendicanti e donne anziane. In questo modo, le élites potevano consolidare il proprio potere e reprimere eventuali tensioni sociali. Le persecuzioni delle streghe provocarono la distruzione di intere comunità, seminando paura e sospetto. Le vittime e i loro familiari subirono profonde sofferenze psicologiche, le cui conseguenze si fecero sentire per generazioni. Le accuse di stregoneria spesso portavano alla rottura dei legami nelle famiglie e all’esclusione sociale delle vittime. Le persecuzioni delle streghe furono un fenomeno complesso e multiforme, con profonde radici nella psicologia umana e nelle dinamiche sociali. La comprensione di questi meccanismi è fondamentale per evitare che simili atrocità si ripetano in futuro.

La figura della strega ha da sempre affascinato e inquietato l’immaginario collettivo, trovando una fertile rappresentazione nella letteratura e nell’arte. Nella letteratura italiana, le streghe sono state spesso descritte come creature potenti e misteriose, capaci di manipolare le forze della natura e di compiere incantesimi. Basti pensare alle streghe delle fiabe popolari, figure ambivalenti che possono essere sia benefiche che malefiche. Nell’arte, l’iconografia della strega è altrettanto ricca e varia. Dai dipinti medievali, dove le streghe erano spesso raffigurate come donne anziane e brutte, alle illustrazioni dei libri per l’infanzia, dove assumono forme più fantasiose e meno minacciose, l’immagine della strega ha subito numerose trasformazioni. Immagini iconiche come la strega che vola su una scopa, il calderone fumante e il gatto nero sono diventate parte integrante dell’immaginario collettivo, alimentando miti e leggende che si tramandano da secoli.
La figura della strega, un tempo perseguitata e temuta, continua a esercitare un fascino irresistibile sulla nostra immaginazione. Dalla storia alla letteratura, dall’arte al cinema, la strega è diventata un archetipo universale, simbolo di potere, libertà e ribellione. Seppur le persecuzioni siano ormai un ricordo del passato, l’eredità della stregoneria vive ancora nelle nostre tradizioni, nelle nostre paure e nei nostri sogni, ricordandoci l’importanza di rispettare la diversità e di combattere ogni forma di pregiudizio. Come scriveva Katherine Howe, “Solo perché non ci credete non vuol dire che non sia vero”. E tu, lettore dell’ignoto, cosa pensi di questa figura così complessa e affascinante? Fammi sapere se ti interessa l’argomento e potrei fare altri interessati approfondimenti sul tema.
Buona lettura, buon Halloween 👻 e alla prossima!
Alice Tonini































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