Web du Bois, la biografia di una razza: 1868-1919. Un lungo progetto che racconta una vita straordinaria

 Oggi vi porto un’altra biografia tra le più vendute e le più premiate al mondo,
ovviamente parliamo ancora di un personaggio afro-americano molto
famoso in patria la cui vita e i cui studi sono ancora oggi oggetto di dibattito. Proprio
in questi giorni è uscito un articolo che parla del ruolo fondamentale degli studi di Du
Bois per gli afro-americani sul sito Literary Hub ( adoro questo sito.)

Il biografo David Levering Lewis ha impiegato cinque anni per
portare a termine il progetto di questa biografia: W.E.B. Biography of a race 1868- 1919. Il primo volume,
quello che tratteremo qui, è uscito otto anni dopo la fine del progetto. Altri sette anni
trascorsero prima che il pubblico potesse vedere W.E.B. Du Bois: The
Fight for Equality and the American Century, 1919-1963.
Nonostante la
lunga gestazione questa splendida biografia ci permette di conoscere un uomo la cui vita fu lunga (visse 95 anni) e ricca di eventi e di cui in Italia si parla solo nelle università. Ogni volume vinse il premio
Pulitzer per la migliore biografia e oggi potete trovare i due volumi uniti in uno singolo, anche se il prezzo è un po’ alto. Lewis in più ricevette un
MacArthur “Genius” appena dopo la pubblicazione del primo volume.

I sottotitoli dei due volumi suggeriscono la fiducia dell’autore
nel proprio approccio sistematico. Infatti ci permette di guardare a
Du Bois (pronuncia alla francese, please!) come una persona
talentuosa e inusuale e un uomo la cui esistenza influenzò lo status
degli africani d’america in modo determinante. Du Bois, come autore
dell’insostituibile libro The Souls of Black Folk (1903), formulò il
concetto di identità duale – intendendo sia nero sia americano.
Oggi si usa quasi senza pensarci ma Du Bois fu il
pioniere di questo concetto e identificò il fenomeno scrivendoci
sopra due righe (lui per primo usò il termine “the talented
tenth”, per definire qualche anno più tardi, l’uomo eccezionale
che appartiene alla razza che filtra la cultura verso il basso).
Lewis descrisse l’effetto delle quattordici presentazioni del libro
che l’autore fece negli Stati Uniti e che lui paragona a “fuochi
d’artificio che esplodono in un cimitero”. La sua analisi del libro
di Du Bois di una ventina di pagine aiuta ogni lettore ad apprezzare
“la trascendente passione intellettuale e la prosa luminosa”
(anche la prosa di Lewis è aggraziata ma la sua scelta del lessico
aulico e arzigogolato rende la lettura lenta e adatta ad un pubblico
colto).

In questo primo volume, ci viene raccontato della
giovinezza di Du Bois, i primi anni trascorsi a Great Barrington in
Massachusetts, e la sua colta educazione: il Fisk College in
Tenessee, i suoi primi contatti con il sud, il college di Harvard (si
trasferì li come junior) e l’università di Harvard dove fu il primo
afro-americano a laurearsi. I suoi incredibili risultati continuarono
nel mondo del lavoro quando fondò il dipartimento di sociologia
nell’università di Atalanta. Lewis ci da dettagli meticolosi dello
scontro di ideali tra Du Bois e Booker T. Washington e l’impegno per la fondazione del NAACP e per la pubblicazione del suo giornale
The Crisis. Questo è indicativo dell’importanza del personaggio e
del suo lavoro ancora oggi.

Se Lewis dedicò molta più attenzione alla vita pubblica del suo
soggetto rispetto a quella privata lo stesso è vero per Du Bois
stesso, e il suo biografo non ha fatto tentativi di coprire le sue
colpe come marito e come padre.

Sulle spalle della figlia Du Bois fece cadere grandi aspettative dopo che il figlio di due anni perse la vita. Nel 1914 la tredicenne
Yolanda fu imbarcata per Bedales, la prima scuola co-educazionale
fondata in Inghilterra dove sia lei che la madre (che all’epoca
viveva a Londra) restarono per vivere anni di miserie e
solitudine. Lewis senza censure conclude dicendo, “Ci furono solo
parti insignificanti disponibili per Nina e Yolanda nella vita di du
Bois.”

Il primo volume si chiude con la terribile “Estate rossa” del
1919. Dopo 78 linciaggi nel 1918, una ondata di violenza razzista
senza precedenti investe la comunità nera con uomini seviziati e
aggrediti mentre tornavano a casa dal lavoro. Du Bois sapeva di
essere a un punto di non ritorno per la battaglia dell’uguaglianza
sociale. Anche se lui non visse abbastanza per vedere il frutto delle
campagne per i diritti umani degli anni ’60, organizzò una uscita
simbolica teatrale. Lewis apre il suo volume meravigliosamente con le
notizie della fine della vita di Du Bois. Il 28 Agosto 1963 una folla
di 250.000 persone al Reflecting Pool a Washington, appena prima
dello storico discorso di Martin Luther King Jr. assistette
all’annuncio di Roy Wilkins della morte del nostro protagonista di
oggi.

Bene, e anche per oggi è tutto! 

Buona lettura e alla prossima.

Carpire i segreti del futuro: l'antica Mesopotamia e la divinazione.

 

Un’altra estate bollente, con
temperature da record. E cosa cosa c’è di meglio per rinfrescarsi un
po’ di una bella divinazione con il fegato fresco di una pecora? O
preferite forse interpretare i movimenti di un serpente?


Come
avete capito, oggi nella nostra rubrica horror parliamo della
divinazione per come la intendevano gli antichi abitanti della
mesopotamia, perchè sono i primi popoli di cui abbiamo testimonianze
dirette e perchè sappiamo che le loro pratiche magiche influenzarono
per secoli quelle di tutti gli altri popoli del mediterraneo.

A proposito, conoscete il significato
di Omen? Erano particolarmente cari agli antichi romani e agli egizi
ma il popolo che ne fece parte integrante nella propria cultura
furono proprio gli antichi abitanti della mesopotamia. Un Omen è una
specie di presagio, è un evento che viene interpretato come
conseguenza diretta dell’azione di entità soprannaturali buone o
cattive. Diciamo che è un evento fortuito a cui viene dato un significato
profetico di quanto può accadere in futuro a una persona. Possiamo
intenderlo quindi come presagio profetico.

Un astronomo al lavoro 

Come abbiamo già visto nell’antica
mesopotamia erano i maghi, o meglio gli esorcisti, che si occupavano
della relazione tra le persone vive e il mondo degli spiriti. Quello
che non vi ho detto ancora è che questi maghi avevano anche capacità
divinatorie. Potevano essere esperti in affari che riguardavano la
divinazione del cielo oppure potevano divinare cose più terrene, ma
entrambe le figure erano di eguale importanza in quanto si credeva
che la terra fosse lo specchio di quanto accadeva in cielo. Per
maggiore chiarezza specifichiamo che erano gli astronomi che
studiavano i moti celesti e li conoscevano come le proprie tasche, se
un esorcista sapeva divinare i moti celesti allora era un astrologo.
Erano due figure diverse…ma ci torniamo dopo.

Ma cosa accadeva quindi nella pratica
di tutti i giorni?

Quando un esorcista era chiamato a
intervenire la persona che aveva necessità veniva interrogata
riguardo ai possibili accadimenti di cui era stata testimone e che
potevano avere una spiegazione soprannaturale. Come è ovvio c’erano
eventi di facile interpretazione e altri che invece erano talmente
inusuali da richiedere l’intervento degli astrologi per uno studio
dei moti celesti e una interpretazione personalizzata. Il tipo di
presagio terreno da interpretare poteva dipendere da caso a caso; si poteva
leggere il fumo dell’incenso, il volo degli uccelli, la cenere del
fuoco, le possibilità erano tante.

Modello di un fegato per lo studio e la pratica.

Ma la tecnica di divinazione più
utilizzata e che per duemila anni ha servito non solo il popolo ma
anche i sovrani dell’antica mesopotamia era la divinazione del fegato
delle pecore. La pecora veniva considerato l’animale sacro del dio
del sole Shamash che utilizzava il fegato dell’animale per comunicare
con gli uomini. Ci sono pervenuti dei modelli in argilla che
riproducono il fegato della pecora con iscrizioni in cuneiforme che
danno direttive su come interpretare i segni che si possono
presentare alla vista: buchi, lesioni o colori alterati.
Ovviamente questi modelli erano utilizzati dai novizi per
impratichirsi con la tecnica e ovviamente gli insegnamenti erano
mantenuti segreti all’interno delle scuole. Si trattava di un lavoro
delicatissimo e molto rischioso, soprattutto per chi doveva
interpretare i segni. E più il cliente era ricco e altolocato e più
alto era il rischio. Come potete ben immaginare i sovrani erano
sempre pronti a tagliare la testa del divinatore se le cose andavano
per il verso sbagliato, per questo motivo i responsi dovevano essere
il più criptici possibile, dovevano poter essere interpretati in
modi diversi e dovevano riguardare gli argomenti più disparati.
Diciamo che gli esorcisti del tempo con le tavolette delle interpretazioni e i relativi commentari si sono creati una specie di
scappatoia nel caso gli eventi divinati prendessero una piega
sfavorevole. Provate ad immaginare il caso in cui un mago venga
chiamato a divinare se il principe primogenito che in quel momento è
gravemente malato sopravviverà oppure no. Si tratta di una risposta
“pericolosa” per la vita del mago che quindi si trova a dover
dare un responso il più intricato possibile. Ovviamente la pecora
che veniva selezionata dal gregge del re per il sacrificio doveva
essere di bell’aspetto, forte e in salute per non correre il rischio
di trovare gli organi danneggiati e magari portatori di risposte
infauste.

Un Baru al lavoro 

L’esorcista che divinava il fegato
delle pecore era chiamato Baru e come gli astrologi e i medici
era considerato alla stregua di un sacerdote (il significato esatto
di baru è più vicino a profeta, divinatore o “colui che conosce
il futuro”) e lavorava nel nome delle divinità.

Un mistero che al momento resta
insoluto riguarda la popolazione dei Sumeri. Fino ad oggi non è
stata trovata alcuna tavoletta inscritta in sumero (che poi non era
questo il nome della lingua ma è per capirci) che parla della
divinazione del fegato degli animali. Partendo dal presupposto che
anche il popolo dei sumeri aveva le stesse credenze e le stesse
pratiche degli altri popoli che abitavano la mesopotamia si suppone
che probabilmente fosse una pratica da mantenere talmente segreta o
talmente sacra da imporre il divieto di scrivere qualsiasi cosa a
riguardo.

Per quanto riguarda gli altri popoli
della zona ci sono centinaia di tavolette con migliaia di iscrizioni
che riguardano l’osservazione delle stelle e dei presagi terrestri
per trasmettere le conoscenze alle generazioni future, ma non solo.
Come già vi ho anticipato la tradizione della lettura del futuro con
il fegato delle pecore si è tramandata anche alle altre popolazioni
che vissero in tutta la zona del mediterraneo e se ne trova traccia
tra i resti degli etruschi e tra le pratiche diffuse nell’antica
grecia.

Ma torniamo ai nostri esorcisti. Non era solo il fegato ad essere utilizzato per profetizzare il futuro ma sono
state rinvenute a Summer Isbu migliaia di tavolette con le istruzioni
per interpretare le malformazioni dei feti abortiti o le anormalità
che i bambini o i cuccioli di animale presentavano al momento della
nascita. Queste duemila tavolette formavano una intera enciclopedia,
si era sviluppata una intera scienza che aveva come obiettivo leggere
e interpretare queste malformazioni per carpirne i significati nascosti. Ad
esempio nel caso fosse venuto al mondo un bambino con sei dita del
piede, viene spiegato per filo e per segno come interpretare questo
avvenimento, oppure se il bambino manca di un braccio o se somiglia a
un animale. Questo avvenimento così fuori dal comune doveva essere
un messaggio che gli dei stavano mandando agli uomini. e doveva
essere interpretato. Dovete considerare che in passato non c’era
nulla di più spaventoso di una creatura che veniva al mondo deforme,
le persone si sentivano in dovere di fare qualcosa per capire il
motivo e il significato.

La stessa cosa valeva per gli animali.
Ci sono tavolette che spiegano come interpretare il comportamento
anomalo di un serpente e altre ci parlano della forma che deve avere
un pesce e del significato di una eventuale deformità della
creatura. Venivano creati modelli in metallo accompagnati da dei
lunghi commentari che spiegavano il significato e l’interpretazione
delle parole che erano state incise sul modello.

Shamash il dio del sole.

Il ramo più documentato della
predizione del futuro riguarda l’astrologia e lo studio dei moti
celesti. Oggi non esiste modo di poter paragonare le conoscenze degli
astri che avevano gli antichi abitanti della mesopotamia con le
nostre. Allora il cielo era uno spettacolo unico e irripetibile ogni
notte, non esisteva inquinamento o aerei che passavano, la
televisione non era nemmeno concepibile e osservare il cielo notturno
doveva equivalere al nostro cinema. Ogni persona in Mesopotamia
conosceva le stelle e la loro posizione nel cielo. Persino i
contadini sapevano elencare e indicare nel cielo i pianeti e le
costellazioni. Gli astronomi di allora erano in grado di predire le
eclissi molto meglio di quanto facciamo noi oggi e senza alcun
calcolatore ma semplicemente osservando e studiando gli spostamenti
degli astri nel cielo. Una specifica solo, Astrologia e Astronomia
erano come oggi due discipline separate ma strettamente connesse tra
loro e ogni re aveva a disposizione il suo astrologo personale che
gli profetizzasse l’eventuale andamento di una guerra e il suo astronomo che studiava i moti celesti.

Prevedere il futuro è sempre stata una
delle aspirazioni dell’umanità, per tutta la storia conosciuta gli
uomini hanno cercato di conoscere il proprio futuro con ogni mezzo.
Lo facevano gli antichi abitanti della mesopotamia e lo facciamo noi
oggi tramite la scienza e la tecnologia. Persino durante
l’inquisizione cattolica nel medioevo si utilizzavano i versetti
della Bibbia per prevedere il futuro. Probabilmente è lo stato di
fragilità umana e di incertezza che ci spinge a cercare le risposte
alle nostre domande negli astri o nel caso.

Anche lui ama il fegato…

E per oggi è tutto, spero vi sia
piaciuto, iscrivetevi alla newsletter per tenervi sempre aggiornati sulle novità in arrivo e vi auguro come sempre una buona lettura!

Alla prossima.

Dai lupi mannari alle case infestate: arriva l'horror moderno

Lettori dell’ignoto rieccomi con un articolo sulla storia  del cinema horror e questa volta parleremo dei licantropi e delle case stregate. Torneremo ad occuparcene anche in un altro paio di articoli sui sottogeneri che hanno iniziato a svilupparsi nel mercato cinematografico per motivi di marketing.

 

 

Qualcuno dice che Hollywood abbia inventato i licantropi, ma il mito del licantropo risale all’antica Grecia. Nelle storie di Erodoto (450 – 29 a.C.) si parla dei Neuri, una tribù Scitiana che una volta l’anno vede i suoi membri trasformarsi in lupi per alcuni giorni per poi farli tornare alla forma umana. Anche Ovidio (42 – 17 a.C.) nella sua Metamorfosi ci parla di uomini che diventano lupi.

I lupi mannari, nel folklore europeo, quando si presentano in forma umana sono riconoscibili da alcuni tratti somatici caratteristici come le sopracciglia folte, le unghie lunghe e ricurve e la presenza di peli sotto la cute. In Russia si crede che un lupo mannaro si possa riconoscere perchè ha dei peli in bocca, mentre nella forma animale non presenta la coda e ha occhi e voce umani. In Svezia i lupi mannari corrono su tre gambe mentre la gamba mancante diventa una coda. Inoltre è credenza che dissotterrino i corpi appena sepolti per nutrirsene Nel diciannovesimo secolo i lupi
mannari smettono di essere solo uomini e nasce la credenza che possano essere anziane streghe con le unghie avvelenate in grado di immobilizzare con uno sguardo le vittime. La credenza europea più diffusa era quella che i lupi mannari nascessero tali salvo poi, dal 1800 circa, affermarsi la tradizione che la trasformazione può avvenire dormendo sotto alla luna piena, indossando una pelle di lupo o durante una crisi epilettica.

La trasformazione tramite morso o graffio è una invenzione moderna, perpetuata da film e telefilm, nei miti è raro trovare traccia di un contagio di questo genere. E’ più probabile che sia ispirata alle storie di vampiri dell’Europa dell’est, infatti nel medioevo le persone uccise perchè sospettate di essere lupi mannari si dice venissero bruciate e non sotterrate proprio per evitare il
loro ritorno sotto forma di vampiro.

Il primo film sui lupi mannari di cui si trova traccia è della Universal Studios intitolato Werewolf of London (Walker 1935) arrivato in Italia con il titolo di Il segreto del Tibet. Il protagonista fu Henry Hull che interpretò Wilford Glenton, un botanico inglese. Durante un viaggio in Tibet viene aggredito e morso da una misteriosa creatura. Quando si trasforma in uomo lupo ha un istinto innato per cacciare e uccidere salvo pentirsi a cose fatte. Nel finale viene ucciso a colpi di arma da fuoco e così può tornare alla sua forma umana appena prima di morire.

 

Il film non fu un grande successo, all’epoca venne accusato di essere troppo simile al Dottor Jekill e Mr Hide (Mamoulian1931). Gli anni sono passati e oggi i critici lo indicano invece come un grande classico. Una somiglianza tra i due film è innegabile perchè in entrambi ogni volta che il personaggio si trasforma diventa sempre più simile ad un animale suggerendo una progressione
nello sviluppo del mostro ma le storie traggono origine da fonti diverse. The Wolf Man (Waggner 1941) con Lon Chaney Jr. è più conosciuto dei precedenti e per la Universal fu un successo al
botteghino tale da sdoganare il lupo mannaro come personaggio classico appartenente al mondo del cinema horror. Successivamente Cry of the Werewolf (Levin 1944) porta al grande schermo per la prima volta una donna lupo, bisognerà però aspettare fino al più recente Ginger Snaps (Fawcett
2000) perchè un’altra donna lupo sia d’impatto sulla scena. Il lupo mannaro tende ad essere una figura mascolina, aggressiva e ferale ma Ginger Snaps è un buon film e anche il sequel non è male, magari in futuro ci saranno altri film con protagoniste lupo.

 

 

L’invasione di massa, la bomba atomica e la scienza che diventa “cattiva” ispirano film che ci trasportano verso nuovi orizzonti, la crescita del genere horror con elementi fantascientifici è stata
esponenziale a partire dagli anni ’50 quando anche la fantascienza ha avuto un grande impulso e siamo sicuri che ci sono le premesse per una nuova età dell’oro del genere. Film come The Thing from Another World (Noby 1951) o La cosa da un altro mondo, War of the Worlds (Hasukin
1953) o La guerra dei mondi, e The Day the Earth Stood Still (Wise 1951) sono eccellenti esempi di questo incrocio.

 

 

 

Gli anni ’50 sono stati anche il periodo della ripresa dei film con i fantasmi, forse la più antica forma di horror connessa a storie brevi, racconti, romanzi e folklore. Il successo venne da Incubi notturni o Dead of Night (Cavalcanti 1945) degli Ealing Studios (un must da vedere ancora oggi. )

The House on Haunted Hill (Castle 1959) emerge dalla massa in parte perchè è emozionante e in parte perchè è simile a Psycho (Hitchcock 1960) nell’introdurre l’idea del serial killer psicopatico. L’eccentrico milionario Frederick Loren (Vincent Price) invita cinque persone ad una festa promettendo ad ognuna di loro 10.000 dollari se fossero riusciti a rimanere tutta la notte (vivi).
Al loro arrivo a ognuno viene data una pistola per proteggersi. La moglie del milionario cerca di avvisare gli ospiti che la salute mentale del marito è degenerata ma ovviamente non gli crede nessuno. La storia è un mix tra una ghost story e un poliziesco con gli ospiti che danno la caccia a un killer che può o non può essere un fantasma. Ci sono parecchi elementi horrorifici con l’emergere di uno scheletro da una vasca di acido, probabilmente il cadavere di Vincent Price. Un trucco che verrà replicato nei cinema durante la proiezione negli U.S. con uno scheletro vero che passando tra gli spettatori regala loro cestini di pop-corn. Il regista del film, Castle, creò parecchi film catalogati di serie B come Percepto (The Tingler 1959) che spaventò gli spettatori nelle poltrone, Illusion-O (13 Ghosts 1960), che utilizzava occhialini con lenti di cellophane blu e rosse (avete presente gli occhialini per guardare i film 3D?) e un discreto Homicidal (1961).

 

Norman non vede l’ora di presentarvi la mamma

 

La questione delle case infestate non era una novità quando uscì The Ghost goes West (1935) dove un uomo d’affari americano compra un castello scozzese e lo trasporta un mattone alla volta in America a sue spese. Peccato che il castello è infestato da un fantasma. Ci sono poi le persone che vengono perseguitate come in The Haunting (Wise 1063) che racconta le psicosi della protagonistaEleanor.

Il genere horror riflette, sin dalla sua nascita, le preoccupazioni della società (paura della scienza, bombe atomiche, gli alieni) e gli studi sulla psicologia umana che si sono evoluti durante il ‘900 hanno dato una spinta significativa allo sviluppo. Dai primi studi di Freud agli odierni studi effettuati con il supporto della medicina la strada fatta è tanta. In The Haunting è stato utilizzato il bianco e nero per scelta del regista, all’epoca già c’erano i colori, per enfatizzare alcune scene. Il regista firmò un accordo dove accettava la piena responsabilità degli effetti che la visione del film avrebbe avuto sul pubblico e fu utilizzata anche una lente sperimentale per distorcere alcune delle immagini e renderle più disturbanti. Il film fu un successo e Wise iniziò la serie di film dove l’horror si ispira a ciò che è sconosciuto piuttosto che alla morte fisica o psichica di qualche personaggio. Il film rifiuta di risolvere molti dei quesiti che pone allo spettatore ma lascia che sia lo spettatore stesso a trovare le risposte. Ad esempio il regista non mostra mai un fantasma direttamente, quindi questa diventerà una storia di fantasmi senza fantasmi. È l’immaginazione degli spettatori a creare i fantasmi rendendo il film personale. Tutto viene suggerito per coinvolgere lo spettatore, una lezione importante dimenticata nel remake del 1999.

Amici lettori del mistero la storia ci dice che fu La notte dei morti viventi di Romero a iniziare la storia dell’horror moderno, ma c’è ancora molto da scoprire e come vi ho anticipato ora che abbiamo parlato dei film più importanti è ora di parlare un po’ dei sottogeneri….pronti?