L'ultimo treno per Memphis: la nascita del mito di Elvis Presley

Nelle scorse settimane vi ho lasciato con diversi articoli dedicati all’horror e alla storia del genere. Oggi torniamo ai nostri inviti alla lettura dove andiamo a scoprire insieme quali sono i libri più letti al mondo; continuiamo a esplorare le biografie più vendute dei personaggi celebri e manco a dirlo uno dei personaggi più celebri al mondo è Elvis Presley.

Già avevamo accennato in passato al personaggio di Elvis, quando abbiamo parlato delle reliquie. Vi avevo mostrato alcuni feticci come le sue mutande che vengono esposte a mo’ di reliquia sacra. Oggi vediamo una recente biografia che ha avuto un successo immediato oltreoceano. L’autore è Peter Guralnick e il titolo è The last train to Memphis: The rise of Elvis Presley. Esiste anche un secondo volume che è Careless Love: The unmaking of Elvis Presley ma noi ci concentreremo sul primo volume, il più toccante dei due. (Se ci date un occhiata su amazon noterete la quantità di recensioni positive per entrambi i volumi, a testimoniare l’alta qualità del lavoro svolto dall’autore.)

Ve le ricordate?

Nelle tragedie
greche il pubblico spesso viene messo a conoscenza di avvenimenti che il protagonista non conosce ancora (esempio illustre è quello di Edipo Re) per costruire l’empatia. In
modo simile la consapevolezza di come la vita di questo desiderato giovane uomo andrà a finire è fonte di gioia ma più
spesso spezza il cuore. Questo volume pubblicato nel 1994 narra della
vita di Elvis Presley dalla sua nascita a Tupelo nel 1935 in
Mississipi, fino alla conferenza stampa del 1958 che lui tenne prima di partire per la Germania con circa altri 1359 uomini – oggi sappiamo che Elvis è un medagliato dell’esercito americano. Rimarrà lontano dalle scene per ben due anni e tornerà con il famoso brano “Fever“.

L’utilizzo di un linguaggio magistrale e le canzoni di Elvis possono sembrare incongruenti ma non è una
esagerazione dire che Guralnick ha scritto un libro serio che
interessa sia ai fans sia a chi non conosce Elvis e vuole approfondire alcuni tratti della sua giovinezza. In alcune interviste l’autore ha dichiarato che il suo obiettivo era scomparire nel mondo di Elvis per regalare al lettore una esperienza unica e l’ha completamente raggiunto. 

Si resta
attoniti quando si viene a sapere che l’autore è nato e cresciuto a
Boston, una città del nord degli Stati Uniti perché ha saputo narrare la vita degli stati del sud in modo così vivido che gli sono bastati piccoli
tocchi linguistici per completare il quadro. Nella biografia si trovano infatti modi di dire tipici degli stati del sud che solo un attento studioso poteva inserire.

In questo volume troverete le
storie di Elvis più famose che anche il pubblico italiano conosce, come il momento negli studi di registrazione Sun (siamo nel 1954) dove dopo ore di
ascolto e registrazione Sam Phillips sentì Elvis improvvisare sulla
canzone  “
That’s all right (Mama)” e seppe di
avere trovato quello che stava cercando.

 

Ma gli aneddoti familiari
raccontati da Guralnick non sono riportati in stile giornalistico. Lui non fa
mai caricature del personaggio ma trova sempre il lato umano del giovane Elvis,
cattura in modo meraviglioso il suo lato baldanzoso emerso nella tarda
adolescenza che mette insieme la fiducia verso il futuro e le proprie capacità e il bisogno di vedere riconosciuto il proprio valore. L’autore dove possibile utilizza fonti di prima
mano (date un’occhiata all’impressionante numero di note e
riconoscimenti riportati alla fine del libro) e occasionalmente quei racconti sono di seconda mano. Oppure sono riportate citazioni uniche non
verificabili, ad esempio: “Lui fece la registrazione sette
volte in un giro, ma che fossero undici volte o sette volte…davvero non importa”
(riportava la prima testimonianza del deejay Dewey Philips nei suoi
studi WHBQ all’hotel Gayoso a Memphis).

E ogni lettore potrà trovare eventi nuovi sulla vita di Elvis. Eccezion fatta forse per quelli
che si videro il nove settembre del 1956 “Ed Sullivan Show,” in fondo chi
sapeva che Elvis sarebbe stato ospitato da Charles Laughton? (Sullivan stava
recuperando da un incidente automobilistico) Figura che tornerà ancora nella vita di Elvis. Chi sapeva che la
risposta di Laughton alle grida degli ospiti in studio dopo due versi
di “
Hound Dog” sarebbe stata un sardonico “La sua musica ha
incantesimi per ammansire i selvaggi.” (ho tradotto alla lettera)?

Guralnick bilancia
il suo ritratto del “Re” con le vivide storie dei personaggi minori.
(Un espempio è Dewey Philips, un uomo bianco interamente
integrato che nel 1950 era di casa a Beale street, scommetto che ne volete sapere di più…) Comunque sia Elvis ci
viene restituito come uomo della sua epoca, del suo paese e della sua
classe economica senza sconti o leggende metropolitane.

Se volete
proseguire con la lettura del volume seguente 
Careless Love: The
unmaking of Elvis Presley
uscì nel 1999. Quando avrete finito
entrambi i volumi su Presley di Guarnick non cercate altre biografie: saranno un delusione. Piuttosto leggetevi Dream Boogie, la biografia
di Guarnick dedicata a Sam Cookie. O guardatevi un film, l’ultimo è del 2022 e parla del rapporto di Elvis con il suo manager. Consigliato.

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Per ora è tutto, vi auguro una buona lettura e al prossimo articolo!

Alice Tonini

Horror: nascita di un genere, dalla letteratura ai film

Lettori del mistero parleremo ancora di demoni e di altre creature le cui origini appartengono alla storia e al folklore locale ma per completezza vorrei anche approfondire alcuni aspetti storici più pertinenti alla nascita dei film horror e al legame di questi ultimi con la letteratura perché in fondo è di libri che qui si parla e senza libri la maggioranza dei film non ci sarebbero.

Le storie dell’orrore sono con noi da sempre: raccontate intorno al fuoco e sviluppate poi in romanzi e racconti brevi, oggi sono protagoniste anche di film e videogiochi.

I primi film horror sono stati ispirati dai mostri classici, in particolare dai “morti viventi” o “non morti“. Trattarono in particolare la paura della morte e di quello che può succedere dopo, una delle paure più antiche per l’uomo. E se non fossimo davvero morti? Che cosa accadrebbe se tornassimo indietro dalla morte come “qualcos’altro“? Cosa accadrebbe se non fossimo né morti né vivi? Sono paure che nascono dal desiderio umano di essere immortali, dalla complessità della nostra psiche e dalla sua incapacità di dare un senso alla morte.

Mary Shelley con il suo Frankenstein apre la carrellata di personaggi non vivi cui l’industria del cinema ha attinto a piene mani, scrisse la sua opera in svizzera nel 1816 e venne pubblicata nel 1818. Frankenstein è un romanzo gotico nato per intrattenere un gruppo di amici, scritto di fretta mentre l’autrice era impossibilitata a uscire a causa del mal tempo durante una vacanza con il suo amato. Fu lord Byron, amico e vicino di casa a indire una competizione per vedere chi potesse scrivere la storia dell’orrore migliore.

La storia del dottor Frankenstein segue il ritorno alla vita di un corpo costruito con le parti di altri cadaveri. Shelley pesca elementi religiosi e scientifici, rifugge dalle regole della letteratura classica dell’epoca e rielabora l’idea orrorifica di un corpo che viene creato dall’uomo e non da Dio, un essere umano nato dai resti di altri esseri umani: da ciò può nascere solo un abominio. L’opera diventa intrigante a causa proprio dei tabù che va a infrangere. In un tempo dove il bravo cristiano viveva nella convinzione di essere creazione divina e il tentativo umano di creare la vita suonava scioccante e orrorifico. Mary Shelley ha sottotitolato la sua opera ” Un Prometeo moderno“, con riferimento al dio che fece arrabbiare Zeus portando il fuoco agli uomini. La storia funziona su molti livelli diversi e da qui la radice della sua popolarità e longevità. L’horror infrange i tabù ma allo stesso tempo piace alle masse. Raggiunge la psiche ad un livello talmente profondo che permette allo spettatore di esplorare aree inaccessibili della mente in modo sicuro, all’interno dei confini di una storia.

I vampiri sono i mostri più comuni e longevi. Bram Stoker con Dracula scritto nel 1897 ancora oggi affascina il pubblico. Le radici storiche sono la parte più emozionante dell’opera anche se non sappiamo con certezza quanto Stoker sapesse della vera storia di Vlad III Drakul l’impalatore che, come dice il nome, amava impalare i nemici. Dal 1456 al 1462 si dice che infilzò con i pali centinaia di migliaia di persone. Per questa sua abitudine divenne un personaggio folkloristico molto noto in Romania. Il nome Dracula (figlio di Dracul) deriva da un ordine cavalleresco “L’ordine del Dragone” fondato nel 1431. A causa del coraggio dimostrato nelle battaglie contro i turchi Vlad II venne fatto membro dell’ordine e dopo di lui il figlio, Vlad III, ereditò il titolo. Si racconta che Stoker venne a conoscenza della storia del conte durante le sue letture sulla storia e cultura rumena e modificò il nome del suo personaggio malvagio da Wampyr in Vampire (è in inglese).

Altre influenze alla sua opera le troviamo nel lavoro di Sheridan Le Fanu, irlandese, che nella sua novella Camilla (1872) riporta la tradizione delle sidhe (mitologia gallese, erano donne che bevevano il sangue), poi possiamo citare Giulio Verne con il suo Castello dei Carpazi e Anne Radcliffe con I misteri di Udolpho. Stoker frequentava abitualmente la cittadina di Whitby sulla costa dello Yorkshire e ha mescolato luoghi e nomi, anche di Londra, per costruire la sua ambientazione.

Dracula è stato adattato da Hamilton Deane nel 1924 anche se si dice che Stoker stesso abbia scritto il primo adattamento teatrale presentandolo al London Lyceum Theatre con il nome di “Dracula, il non morto” nel maggio del 1897, poco prima della pubblicazione del romanzo. Quello di Deane fu il primo adattamento a essere autorizzato dalla vedova di Stoker e venne messo in scena un volta sola, forse perché durava più di quattro ore (un moderno Avatar). Una curiosità, il primo atto iniziava con Reinfield, il servo del conte, che sproloquiava in un lungo monologo sul fatto che lui era stato creato dal conte e che non lo avrebbe mai perdonato per questo, racconta poi tutta la storia del conte e della Transilvania e si gustava un ratto saporito prima di uscire di scena.

Il film di Tod Browning del 1931 intitolato Dracula ha visto partecipare l’attore ungherese Bela Lugnosi che ha reso popolare l’immagine del vampiro in giacca e cravatta dal volto impomatato che abbiamo oggi. C’è poi un film russo andato perso di cui ci resta il titolo Drakula del 1920 e c’è il più conosciuto Nosferatu. Il classico film espressionista tedesco diretto da F.W. Murnau (1921) ha come protagonista Max Schreck. Fu un adattamento non autorizzato del libro di Stoker; lo studio di produzione fu costretto a modificare tutti gli elementi della storia perché non riuscì a ottenere i diritti del romanzo originale. Il film in questo caso funzionò egregiamente perchè Schreck seppe tirare fuori il meglio dal mostro, come successe più tardi con Frankenstein (1931). Nosferatu fu l’unica produzione dello studio Prana Film (fondato nel 1921 da Dieckmann e Grau).

Le riprese iniziarono nel giugno 1921, principalmente a Wismar, un piccolo porto a nord della Germania, le riprese in esterno che dovevano mostrare la transilvania, vennero eseguite in slovacchia. Il cameramen, tale Fritz Arno Wagner aveva a disposizione solo una camera e quindi solo un negativo originale. Le istruzioni di Galeen (sceneggiatore) sulle posizioni della camera e l’esposizione delle luci vennero seguite scrupolosamente ma questo non impedì al regista di riscrivere dodici pagine. Curiosità, per Nosferatu il sole è letale mentre al nostro Vlad Drakul causa solo un leggero indebolimento.

La famiglia di Bram Stocker citò in giudizio la Prana Film per violazione del copyright e vinse, questo causò il fallimento della compagnia. La corte ordinò la distruzione di tutte le copie esistenti di Nosferatu ma una copia sfuggì alla mattanza e riuscì a essere distribuita, da quella vennero tratti duplicati a decine che finirono in ogni angolo del mondo. Oggi è considerato un cult del genere ed è uno di quei film che gli studenti di storia del cinema devono conoscere.

Lo stesso sceneggiatore di Nosferatu, Henrik Galeen, nel 1920 aveva portato sugli schermi Der Golem, insieme a Paul Wegner, come parte di una serie iniziata nel 1915 che si ispirava alla mitologia ebraica dei golem: esseri antropomorfi fatti di argilla che vengono riportati in vita dalla parola ebraica Hemet (verità) scritta sulla fronte delle creature. L’unico modo per spegnerli è cancellare una parte della parola e lasciare la scritta Met (morte).

Tornando al nostro vampiro preferito, fino a oggi sono stati prodotti più di duecento versioni della storia di Dracula. Frankenstein di Whale invece fu un successo tale da produrre un sequel: La sposa di Frankenstein (1935).

Dagli anni ’40 del 1900 la Universal ha monopolizzato il mercato dell’horror per più di dieci anni ma questa è un’altra parte della storia che vedremo la prossima volta. Per ora ci basti sapere che le radici del cinema horror trovano nutrimento in quei classici che da generazioni spaventano il pubblico.

Per ora è tutto, buona lettura a tutti e alla prossima.

Alice Tonini

Maggio 2023 a Libri sotto i portici

 Una buona giornata a tutti voi lettori, spero tanto che questo fine settimana vi abbia lasciato il tempo di riposarvi e di divertirvi e magari qualcuno di voi ha trovato il tempo di venire a trovarmi a Libri sotto i portici.

Infatti questo fine settimana in piazza Mazzini a Castel Goffredo in provincia di Mantova si è tenuta l’edizione di giugno di Libri sotto i portici.

La piazza e le vie si sono riempite di bancarelle e di persone e nel solito angolo c’eravamo anche noi. Nonostante le previsioni meteo infauste e una leggera pioggia verso le otto e mezza il resto della giornata è stato fin troppo caldo.

Dalle dieci tra i banchi si è aggirata parecchia gente, in più la piazza ha visto anche la presenza dei gazebo dedicati alle prossime elezioni politiche. 

In più accanto al municipio Claudio Danesi, calligrafo, ha prestato la sua arte per raccogliere offerte per il museo del Mast scrivendo nomi e parole a scelti dal passanti in modo originale e artistico.

Il cibo di strada in vendita è stato l’amarburgher preparato dalla Pro loco, con un hamburgher all’erba amara, insalata e salse. Un piatto aromatico e dolce andato esaurito in poche ore.

 

Presso il museo del Mast era esposto il plastico di Corrado Monfardini che illustra le mura settecentesche di Castel Goffredo. Una minuziosa ricostruzione della pianta del paese e delle sue mura così come si presentavano. Si trattava di mura possenti intervallate da sette torrioni che proteggevano il centro abitato, se volete saperne di più da giovedì il plastico sarà nuovamente visibile presso il museo della torre intitolato a Corrado Bocchi.

Questo per ora è tutto, la prossima edizione del mercato si terrà il quattro giugno, vi aspettiamo come sempre numerosi.

Buona lettura a tutti, un abbraccio.

Alice Tonini

Scopriamo insieme la psicologia dell'horror.

 Oggi un po’ di psicologia del macabro con un articolo che parla di romanzi e film horror e del loro successo tra il pubblico.

Che cosa ci attrae dell’horror? Perché ci piace essere spaventati da un film o da un romanzo?

Come scrittori e lettori del genere è una domanda che ci siamo fatti tutti e la risposta necessita di una riflessione sulle teorie della natura delle opere horror.

Dagli accademici l’horror è definito come “paura di alcune minacce di natura esistenziale e disgusto sulle potenziali conseguenze”. Ma per tutti noi è la paura dell’ignoto.

E’ facile richiamare alla mente dozzine di film che crescono l’aspettativa del disgusto e della paura: L’enigmista (dal 2004 al 2010), Hostel (2005), Il centipede umano (2009) solo per nominarne alcuni. Questi film contengono scene grafiche di violenza, sofferenza fisica e scene alla Grand Guignol (per chi non lo sapesse era un teatro parigino specializzato in spettacoli truculenti e violenti).

Le prime scene cinematografiche del genere le abbiamo con Herschel Gordon Lewis nel 1963 con Blood Feast, dove, in modo simile a Frankenstein, uno scienziato deve raccogliere parti di cadaveri per riportare in vita una antica divinità egizia. Il film contiene scene di tortura, smembramenti, decapitazione e cannibalismo ed è considerato il primo splatter della storia. Ovviamente la censura ci andò pesante e la critica non si risparmiò. 

Perché Carrie piace? In fondo chi non la invierebbe al ballo…

Lo stesso destino lo ebbero altri film come Hostel, definito dai critici un “porno di torture” (il genere è chiamato in inglese Gorno), La casa dei mille corpi (2003) o L’enigmista hanno subito medesime critiche. Questi film sono accusati di mostrare scene estreme, sequenze di tortura, decapitazioni e mutilazioni. Ma il franchise dell’enigmista ha all’attivo più di 100 milioni di dollari di fatturato, Hostel 80 milioni di dollari di attivo. Molta dell’attrattiva moderna di questi film è aggiunta dallo sviluppo di nuove tecniche, effetti speciali e dall’alto valore produttivo della serie a cui aggiungiamo quell’effetto splatter che tanto piace al pubblico. Ma non c’è solo quello.

Vale la pena considerare l’influenza della censura sullo scrittore e sul suo lavoro. Creare una storia che è così estrema da attrarre quel tipo di critiche e censura di cui abbiamo parlato può essere buona pubblicità, ma se è fatto solo per aggiungere sesso gratuito, violenza e cattivo gusto non è horror ma sensazionalismo, e quello è un’ altra cosa. Nel mio sito l’estremo fine a sé stesso non ci interessa, a noi interessano i prodotti di qualità.

Dovrebbe essere la censura a selezionare i prodotti per distinguere quello che è più adatto al pubblico e indirizzare quelli più forti a chi ha più di diciotto anni, ma non sempre ha fatto bene il suo lavoro.

Piace perché? Noi che apprezziamo le buone compagnie…

L’esorcista (1974) fu considerato così scioccante che molti spettatori vennero presi dalla nausea, dalle convulsioni, attacchi di panico e di rabbia: uno spettatore di San Francisco si lanciò contro lo schermo con l’obiettivo di uccidere il demone. Ovviamente ci fu l’intervento di una ambulanza.

L’ultima casa sulla sinistra (1972) fu il debutto del regista Craven. La storia delle due teenagers rapite e violentate da degli evasi venne giudicato troppo realistico e il film venne censurato in molti paesi inclusa la Gran Bretagna, per 17 anni, fino al 2008.

Il centipede umano ha subito trentadue tagli e ancora oggi è uno dei film più censurati. (Ok ci avevo dato un’occhiata qualche anno fa ed era davvero tosto, considerate che non ho avuto problemi con Terrifier).

Le risposte alle domande che ci siamo posti all’inizio dipendono in gran parte da voi, da quello che cercate in un film o in un romanzo.

Stephen King ha dichiarato che secondo lui l’horror è un barometro sociale indicativo delle problematiche che agitano la società umana in un dato periodo di tempo, suggerisce anche che per uno scrittore è utile studiarsi i vecchi film per avvicinarsi ai problemi.

Carrie (1976) può essere un esempio. Negli anni ’70 la paura del femminismo era un problema reale e negli stati uniti era in corso una seconda ondata di proteste. Il film inizia con la visione quasi pornografica di un gruppo di adolescenti sotto le docce della scuola. L’orrore inizia con Carrie che entra nella maturità sessuale e apprende di avere poteri demoniaci. La paura sociale verso le giovani donne che imparano a esprimersi e come sfruttare il loro intelletto e la loro emotività negli anni ’70 era considerato un argomento tabù.

Più di recente abbiamo The Mist (2007) che racconta la paura di una invasione aliena e investiga sulle capacità della scienza di sviluppare nuove armi. Riporta ai vecchi film di mostri anni ’50 e alla paura dello straniero, dell’entità invisibile che può calare su di noi da un momento all’altro. Il film o il racconto di King ci invitano a concentrarci su quanto accade in un piccolo supermercato dove un particolare personaggio con credenze religiose “fondamentaliste” prende il controllo di un piccolo gruppo di persone e le spinge a comportarsi nel peggiore dei modi. Ancora oggi la società statunitense è percorsa da ondate di fondamentalismo cristiano che hanno avuto conseguenze anche dal punto di vista legislativo, vedi l’abolizione del diritto all’aborto.

La catarsi, l’immedesimazione del pubblico nel film e nel romanzo permette l’immersione in emozioni negative in un ambiente sicuro. Entro i confini di un cinema, o della propria casa ci si sente più sereni quando il libro finisce o il film giunge all’ultima scena. Ricerche hanno dimostrato che l’horror è una valvola di sfogo sicura e non una incitazione ad una aggressione giustificata. La teoria è conosciuta come “transfer dell’eccitazione” secondo la quale per il pubblico è una esperienza con effetti estremamente positivi arrivare alla risoluzione finale di un’opera. C’è un grande rischio nel lasciare il finale in sospeso, per farlo dovete essere scrittori di grande esperienza.

Jung e Freud ci hanno lasciato teorie su catarsi e dramma. Per Freud l’horror è la manifestazione di pensieri e sentimenti ricorrenti che sono stati repressi dall’ego ma che sono familiari per l’individuo. Per Jung l’horror è connesso ed ha una relazione stretta con importanti archetipi, in particolare con quello delle ombre come ad esempio la madre ombra. Ci son film come Mum & Dad (2008) che sovvertono i ruoli genitoriali tradizionali in una parodia inversa che trasforma le relazioni genitoriali in un incubo. L’archetipo delle ombre lo troviamo in Shining (1980) dove il protagonista diventa un padre ombra.

Perché questi film funzionino il pubblico deve sospendere le proprie credenze. Questa sospensione ha le proprie radici nelle forze sovrannaturali e nella abnormalità dello splatter. Per tutta la durata del film e del romanzo dobbiamo credere che queste cose siano possibili. Persino film come Lo squalo (1975) per funzionare ha bisogno che crediamo in uno squalo grande come un camion si mangi la gente in spiaggia.

Anche per oggi è tutto, come al solito vi do appuntamento alla prossima. Vi invito, se non l’avete ancora fatto, ad iscrivervi alla newsletter (come al solito se non ricevete subito la mail cercate nella spam).

Buona lettura e buona visione a tutti.

Alice Tonini